i racconti erotici di desiderya

Camera con vista


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Ci siamo incontrati in un bar della principale piazza pedonale cittadina, uno dei bar storici, dove si respira ancora il fumo dei sigari e delle pipe dei grandi personaggi che hanno contribuito a crearne la loro tradizione.

Lei si è presentata con un tailleur dalla corta molto corta, da cui faceva capolino il pizzo delle autoreggenti nere; ai piedi un paio di decolleté nere, con il tacco a spillo di almeno 10cm; sotto la giacca una camicia bianca sbottonata giusto per lasciare intravedere le generose forme del seno, strette nel pizzo bianco del reggiseno.

Il Suo viso elegantemente truccato si contornava di lunghi capelli neri che scendevano fin sotto le spalle.

Si sedette ad un tavolino, il Suo compagno mi venne incontro senza esitazione al bancone del bar; dopo le presentazioni, mi invitò a raggiungere la sua Signora al tavolo.

La salutai educatamente, Lei contraccambiò con un sorriso, poi ci sedemmo.

Lei stette in silenzio quasi tutto il tempo, lui mi spiegò come volevano che si svolgessero gli incontri e dove, poi mi salutarono, affermando che mi avrebbero richiamato presto.

Finii di bere il drink osservandoli allontanarsi, inoltrandosi nella confusione della folla che scorreva nelle vie del centro, Lei si girò un paio di volte sorridendo, ricambiai sollevando il mio bicchiere in segno di saluto, divertito nell’assistere alla scena dalle teste degli uomini che si voltavano al Loro passaggio.

Pagai il conto, poi mi avviai anch’io per le strade cittadine; decisi di approfittare di quel pomeriggio assolato per passeggiare un po’ nella mia città, era tanto tempo che non lo facevo.

Non feci molta strada, ebbi a malapena il tempo di raggiungere la spoletta del fiume che sentii il telefono vibrare per un messaggio: “Tra due ore in albergo!”.

Rilessi incredulo il messaggio, mi guardai intorno istintivamente a cercarLi, convinto che mi stessero osservando. Ancora una volta detti un’occhiata al messaggio, sorrisi di soddisfazione, poi mi avviai verso l’albergo, che distava solamente poche centinaia di metri dal luogo dove mi trovavo.

Esplicate le procedure dell’accettazione, presi le chiavi e mi avviai alla camera, le cui finestre, con mia piacevole sorpresa, davano proprio sul fiume, offrendo una vista spettacolare.

Mi soffermai qualche minuto ad ammirarla, emozionato al tempo stesso per la bellezza del paesaggio che mi offriva e dell’appuntamento che si stava apprestando.

Mi rinfrescai con una doccia, per poi ritornare ad osservare fuori dalla finestra, in Loro attesa.



Più passava il tempo, più sentivo crescere dentro di me l’emozione e l’ansia per quell’incontro e, mi lasciavo andare in lussuriose fantasie e timorose insicurezze.



Con qualche decina di minuti di ritardo, bussarono alla porta, mi avviai ad aprirLa.

Afferrai la maniglia ed esitai, in preda all’ansia e all’eccitazione, consapevole che aprendo quella porta avrei aperto anche ad un nuovo mondo, un nuovo modo di rapportarmi al sesso e nei confronti delle Donne, nella fattispecie la Donna a cui stavo aprendo la porta.



Per prima entrò Lei, che mi sfilò davanti decisa e spedita, seguita dal marito, che impugnava una telecamera digitale. Lei si soffermò davanti al letto, mentre il marito, si pose a lato della porta d’ingresso, attivando la telecamera e inquadrandoLa.

Vestiva un lungo cappotto, fino quasi alle caviglie, le decolleté avevano lasciato il posto a degli stivaloni di pelle nera lucida, dal tacco fine e luccicante, alle mani dei guanti di seta nera.

Mi rallegrai pensando che fosse stata di parola, immaginandola vestita solamente della biancheria intima, sotto il cappotto.

Sotto lo sguardo indiscreto della telecamera del marito, si sfilò il cappotto, lasciandolo cadere sul letto dietro di Lei, confermando quanto avevo immaginato.

Gli stivali aderivano ai Suoi sottili polpacci, fasciandola fin sopra le ginocchia.

Le lunghe e affusolate gambe erano decorate dal pizzo nero delle autoreggenti.

Un piccolissimo perizoma Le copriva il pube ed evidenziava le sinuose forme dei Suoi fianchi.

Richiusi la porta dietro di me e rimasi silente ad ammirarLa.

Lei si guardò un po’ intorno, poi tornò con lo sguardo verso di me e mi chiese di spogliarmi.

Mi tolsi i vestiti, sotto lo sguardo di Lei e quello della telecamera che il marito aveva direzionato verso di me.

Rimasi completamente nudo davanti a Loro, con il pene già sufficientemente eretto.

Lei mi fece cenno di avvicinarmi, quando Le fui sufficientemente vicino mi fermò con un braccio, poi prese a camminarmi intorno, lentamente, tenendomi la mano sulla spalla e osservando ogni parte del mio corpo, quando mi fu di fianco, si chinò sulle ginocchia, focalizzando la Sua attenzione sul pene, che afferrò e accarezzò con una mano, ancora avvolta nel guanto di seta nero.

La mia asta si irrigidì e assunse le massime dimensioni, sotto le sapienti carezze della Donna, che sembrava soddisfatta del Suo lavoro e della mia dotazione.

Lo strinse con energia e lo mostrò fiera verso la telecamera, come se fosse un trofeo.

Si rialzò in piedi assumendo una posa autoritaria, con le mani sui fianchi e le gambe leggermete divaricate. Mi ordinò di sfilarLe il perizoma, lentamente, in ginocchio ai Suoi piedi.

Nel sfilarLe la mutandine, sollevò i piedi, portandoli fino alla mia bocca e ordinandomi di baciare la punta dei Suoi stivali.

Poi si sedette sul letto, le gambe leggermente divaricate a mostrarmi la bellezza del Suo pube finemente curato.

Adesso voleva che le leccassi gli stivali e sollevando una gamba alla volta, infilò i tacchi nella mia bocca, intimandomi di ciucciarli avidamente, sotto lo sguardo divertito di Lei e quello curioso della telecamera di lui.

Infine ripose le gambe a terra, le allargò, mi afferrò la testa e la spinse energicamente tra di esse, strusciandomi violentemente il viso sul Suo pube, infine arrestandola con la bocca poggiata sulla vagina e intimandomi di leccarLa e succhiarLa.

Cosa che feci, sempre sotto lo sguardo morboso e invadente della telecamera di Suo marito, per diversi minuti, duranti i quali le Sue mani si stringevano sulla mia testa e la spingevano vigorosamente tra le Sue gambe, quasi come a volerne essere penetrata da essa.

D’improvviso mi interruppe, mi fece scostare, alzandosi dal letto, dove mi spinse, sdraiandomi sulla schiena. Lei salì sul letto, sovrastandomi all’altezza dei fianchi, per poi piegarsi sulle ginocchia e impalandosi con il mio pene, al massimo dell’erezione.

Appoggiandosi con le mani sul mio petto, prese a cavalcarmi dapprima con delicatezza, per poi aumentarne sempre di più il ritmo e sfociare in una frenetica cavalcata, durante la quale, la mia zona pubica fu infradiciata dei Suoi umori, che colavano copiosi lungo la mia verga completamente impregnata.

Si fermò solamente quando avvertì il mio ventre emettere delle vibrazioni, preludio di un imminente orgasmo. Allora si sfilò, mi chiese di resistere un altro poco, si voltò portando di nuovo il pube sulla mia bocca, mentre la Sua avvolse il mio pene, movendosi su di esso, mentre una mano lo teneva stretto.

Mentre io la ripulivo dei Suoi umori, Lei mi provocava un copioso orgasmo che Lei raccolse fino all’ultima goccia con le Sua labbra e la Sua lingua.



Poi scivolò fino ai piedi del letto, dove si trovava Suo marito, che nel frattempo aveva liberato il pene, che impugnava ben eretto con la mano libera.

Lei ci si buttò sopra, avvolgendolo con le labbra ancora bagnate del mio sperma.

Continuando a segarlo con una mano, si voltò verso di me, invitandomi a unirmi a Lei.

Come ne fui all’altezza, volse la verga del marito verso la mia bocca, esortandomi ad accoglierlo.

Delicatamente lo avvolsi, con la lingua ne saggiai la consistenza e il sapore, poi iniziai a pompare lentamente.

Sentivo le vene gonfiarsi e pulsare al passaggio delle mia labbra, mentre Lei mi incitava e mi suggeriva come dare piacere al Suo uomo, tenendo ben stretta la base del pene con la mano inguainata e impiastricciata del mio sperma, sulla quale finiva la corsa della mia bocca, ripulendoLe il guanto avidamente con la lingua.

Sotto le Sue sollecitazione, aumentai il ritmo delle pompate, alternandone vigorose succhiate e leccate della cappella.

Guardai in alto e vidi la telecamera puntata su di me, abbassai lo sguardo imbarazzato e turbato da quella indiscreta presenza, ma non mi interruppi, tutt’altro, ci misi ancora più foga, tanto che Lei fece appena in tempo a sfilarlo prima che un abbondante getto di sperma fuoriuscisse, ricoprendomi il viso.

Fu Lei stessa a ripulirmelo prima con la Sua lingua, poi, portandomi in bagno, innaffiandomi della Sua urina.



Mentre io me ne stavo immobile in bagno, fradicio di un misto di sudore, sperma e urina, Lei si ripulì, si rimise le mutandine, indossò il cappotto e mi salutarono, rimandandomi ad un nuovo futuro appuntamento.



Da allora, passò più di un mese fino al primo successivo messaggio: “Domani in albergo, ok?”

Io dovevo solamente rispondere si o no, e farmi trovare nella camera d’albergo, sempre la stessa camera, quella con vista sul fiume,pronto ad assecondare le Sue fantasie ed esaudire ogni Sua richiesta, compresa quella di soddisfare anche l’esigenze di altre persone, di entrambi i sessi, che l’avrebbero saltuariamente accompagnata, sia da attivo che da passivo.





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