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I forti di forte democrazzia |
I forti di Forte Democrazzia
Di Tom tom2075@hotmail.it Quella che segue è la cronistoria autentica e dettagliata di come un manipolo di eroi, con sprezzo del pericolo e mettendo a repentaglio la propria incolumità, riuscì a portare la Democrazia dei Paesi Civili in un paese di sottosviluppati del cazzo in mezzo all’Africa (o all’Asia…boh, chi se lo ricorda?). Una storia che non andrebbe dimenticata, perché foriera dei più alti valori della nostra Cultura. Si ringraziano i signori Bush Gorge, Bin Laden Osama e tutti i grandi uomini impegnati a fornire spunti per trame come la seguente. Il giorno che partii volontario per la guerra pioveva forte. Ero stato assegnato alla truppa del Capitano Mandruponi Walter, il veterano della 14° divisione, per condividere con un piccolo gruppo di ardimentosi idealisti una missione dalle proibitive possibilità di vittoria. Si trattava di importare le Sacra Democrazia Occidentale in un paese di merda sottomesso alle rigide imposizioni oligarchiche di una casta di santoni-re e reggenti. Roba, per intendersi, che da noi andava di moda ai tempi degli Etruschi. Laggiù il potere non è amministrato da presidenti e parlamenti. La legge non è tutelata da giudici. Religione e politica si fondono in un amalgama inestricabile, che rende tale popolo un branco di rozzi incivili retrogradi. Noi, naturalmente, gli avremmo fatto conoscere i vantaggi del corretto amministrare attraverso l’esercizio della Democrazia (scusate la lettera maiuscola, ma io amo questa parola…ne ho troppo rispetto). Ci avrebbero ringraziati. Atto I: Nobili soldati e indigeni irriconoscenti Un deserto infuocato ci accolse nei pressi della comunità. Il villaggio era una baraccopoli di tende e capanne semi-diroccate. Mancavano i servizi igienici, sistemi di canalizzazione delle acque reflue, bar, edicole e supermarket. Insomma, non c’era un cazzo. L’acqua piovana ristagnava lungo i bordi delle vie e formava pozze che erano fonti di infezioni virali e batteriche. I bambini giocavano nell’immondizia. Gli uomini tentavano d coltivare terra arida e riarsa, ma senza poter contare su adeguati impianti di irrigazione, le sementi stentavano a germinare. La situazione del villaggio, primo insediamento abitato del paese che sarebbe stato nostro compito civilizzare, fu brillantemente descritta dalle commoventi parole del nostro buon sergente Stacalorni Sergio. “Che posto di merda!” “Basta!” lo redarguì con voce solenne il nostro audace capitano “Non biasimare le loro misere condizioni, soldato! Non è colpa loro, se vivono nel pattume e fanno schifo solamente a guardarli!” Ci venne incontro una delegazione del villaggio. In gran parte era composta da uomini, ma accanto a loro vi erano anche alcune fanciulle molto graziose. Alte, capelli lunghi e lisci, occhi grigi profondi, labbra carnose. Quello che era presumibilmente il capo della comunità si avvicinò al capitano Mandruponi e disse “Allabù sbaraqqquà indullù” Il nostro tollerante leader, non capendo un cazzo ma essendo conscio di trovarsi di fronte ad una società culturalmente meno progredita della nostra, replicò “Cos’è che hai detto?” E l’altro ripeté “Allabù sbaraqqquà indullù” “No, guarda, non ho capito una sega di nulla….” “Allabù sbaraqqquà indullù!!” insistette caparbiamente il selvaggio. “See, me lo ridici…non capiscoooo!!” “Allabù sbaraqqquà indullù…Allabù sbaraqqquà indullù” “Ora mi stai facendo girare il cazzo…io te lo dico da amico, o parli a modo o ti scanno…” “Allabù sbaraqqquà indullù…insdrufù aballabbù sbaragnao….” In quel preciso istante un altro uomo si avvicinò al capitano recando in mano un cofanetto coperto da una stoffa di misere origini. Una volta giunto di fronte all’ufficiale sollevò il tessuto e mostrò il dono. Era un vassoio contenete alcune cibarie locali, carne speziata, verdure e frutta selvatica. Loro non la mangiavano neppure in una settimana. Ma ai delicati sensi olfattivo-labiali di gente come noi, abituata ai cibi del civilizzato mondo democratico, quell’accozzaglia di alimenti privi di sapore fece schifo al cazzo. Il capitano Mandruponi, portato all’esasperazione dall’incivile modo di fare di quei pezzenti pulciosi, sollevò il suo mitra dell’ultima generazione e disse “Ma come? Noi vi si porta la Civiltà, razza di pezzenti di questa minchia! Vi si porta i reality show! La camorra! La Coca Cola! La filosofia del consuma, paga e crepa! E voi ci ripagate con questa merda? Ma lo sapete che siete dei begl’ingrati?” E voltandosi verso di noi, gridò “Soldati! A me! Questi spocchiosi retrogradi offendono i sacri valori della democrazia! Ammazzateli tutti!” Un coro di entusiasmo si sollevò dalla truppa “Sìììì, per la Democrazia!” “Insegnate a questi bruti come ci si comporta nei paesi civili!” ci incoraggiò il nostro stimato condottiero “Uccidete tutti gli uomini, i vecchi e le vecchie. Violentate le donne, purché bellocce, sennò scannate anche quelle! I bambini, invece, vengano consegnati al caporale Stufranti Olibano…che mi ha vinto a briscola l’altra sera, glielo devo…” Iniziammo così ad importare la Democrazia. Democraticissimi mitra A-51 falciarono contadini e allevatori, armati di mani callose e cenci laceri. I razzi dei lanciagranate rasero al suolo le anarchiche mura di quel villaggio di stronzi finché di esse non rimasero che rovine fumanti. Fumavano anche i residenti, ma no con le sigarette in bocca. Fumavano e basta. Prima bruciavano e poi fumavano. Ah ah…che simpaticone, che sono! Tenendo fede alla mia fede di sciupafemmine mi concentrai sulle donne. La prima che agguantai era una troiona di ciquant’anni tutta piena di vesciche sulle mani e rughe in volto. Il suo corpo dimostrava a cosa può condurre una vita di stenti e fatiche. Fatiche subite per dare un minimo di sostentamento alla famiglia e ai figli, costruendo un futuro con il poco che la natura impietosa di quel luogo concedeva loro. Mi commossi nel vederla proteggere con il proprio corpo una ragazza di appena vent’anni, forse sua figlia. E la natura di essere umano prevalse sui miei più bassi e volgari istinti. Mi mossi verso di lei e dissi “Ma ti levi, o stronza! Che mi fai schifo solo a guardarti! Ti scrosto dal mondo a calci nel culo, vecchia bavosa!” Le rifilai un colpo nel viso col calcio del fucile e la spedii nel fosso. “No! Non faccia male a mia mamma!” disse la giovane. “Ah, ma tu parli la mia lingua” “Non bene, ma io capire quello che tu dire…io prego, voi non fare male a mia famiglia!” “Non temere, dolce fanciulla…fiore incantevole cresciuto nel fango…non ti verrà fatto alcun male (se mi farai un pompino come dico io!)” “E mia famiglia?” “Ci sono altre belle fie come te, in famiglia?” “Fie? Tu intende ragazze?” “Sì, quelle” “No, io solo sorellina piccola ho” “Allora la tua famiglia da domani la puoi andare a trovare al campo santo!” “No, io prego te…male non fare a famiglia mia” Non avrei dovuto obbedire. Il mio dovere di nobile soldato dei paesi democratici sarebbe stato quello di far conoscere a questi incivili morti di fame le virtù della democrazia. Tuttavia, quegli occhini suadenti, quella bocca ben modellata nella quale avrei voluto tuffare il pisello e soprattutto quell’enigmatica parlata da maestro Joda di Guerre Stellari, fecero esitare la mia fermezza. “Vabbè, via…intanto fammi un pompino e poi se ne ragiona” dissi. La ragazza… “Ah, a proposito, bellezza, dimmi come ti chiami. Non posso continuare a chiamarti ragazza” dissi. Lei mi guardò mentre già iniziava a sbottonare la patta dei pantaloni. “Io mi chiamo Nguara Habbutty Slani Antani” “See, l’ho già imparato! D’altronde che altro potevo pretendere?…un nome da pulciosa indios del deserto…ti chiamerò Puppa. E’ più comodo, semplice. E rende l’idea di quello che sarà il tuo principale compito da qui in avanti. E ora, cara Puppa, puppamelo” E Puppa me lo puppò. Mi prese il cazzo in bocca come una brava mignotta e iniziò a leccare delicatamente. La lingua era una carezza, le labbra…ah, quelle labbra! Solo a ripensarci, qui, mentre stendo il rapporto…ecco, mi sono sborrato nei mutandoni di fustagno. Comunque dicevo, quella ragazza aveva il tocco soave di un colibrì, la gentilezza di una gattina affettuosa, la morbidezza della pelliccia dell’orsetto Knut. Mi gustai la carezza della sua lingua mentre i miei eroici compagni, armati fino ai denti delle più sofisticate armi di distruzione di massa, sterminavano l’inerme popolazione del villaggio cantando “…e dopo si prende anche il petroliooooo! Ollallà, che mattacchioni che siam….! E come il getto di petrolio che fuoriesce da un pozzo appena trivellato, sfidando la gravità ed innalzandosi verso il cielo, così la sborra fuoriuscì dalla mia turgida fava per entrare nella bocca di Puppa. La ragazza ebbe qualche difficoltà ad inghiottire. Menomale che le tenevo la mano dietro la nuca e non poté allontanarsi più di tanto dalla cappella, sennò una parte del prezioso liquido sarebbe caduta sul pavimento e sarebbe andata persa. Che non è mai bene, si fa sudicio in giro (a parte che sul pavimento, fra bossoli di proiettile, fango e sangue, la sborra era il meno…). Alla fine, ritenendomi opportunamente soddisfatto (e soprattutto parecchio sfatto, perché m’aveva svuotato le palle come pompelmi…) decisi di lasciare Puppa in vita. “In fondo, ora che ti ho trovato un nome, mi sono anche un po’ affezionato, a te” dissi “Sei come un animaletto. E poi fai i pompini che è una meraviglia. Via, ti tengo con me” “E madre mia? E sorella mia?” “Ah, quelli. Allora, tua sorella è piccina e io non sono un pedofilo…tua madre è vecchia e io non sono un necrofilo. Perciò loro restano qua. Le butto nel pozzo nero, perché se il capitano si accorge che non le ho democratizzate come dovevo mi punisce e mi manda a pulire i cessi. Loro se ne resteranno lì finché non ce ne saremo andati. Dopo potranno uscire…” “E io?” “Tu verrai con noi in qualità di mia schiava personale e mi seguirai in questa grande impresa che sarà la civilizzazione del tuo popolo di merda” “Ma noi si sta bene così come siamo” “E chi se ne frega? I petrolieri dicono che siete una minaccia per il mondo, razza di sporchi terroristi bastardi che non siete altro” “Terroristi? Noi? Ma se siamo contadini!” “Bah! Vorresti dire che la nostra razza, creatrice del Grande Fratello, della bomba atomica, del McDonald e della mafia, sarebbe in errore? Come ti permetti? Per questo affronto mi trombo anche tua sorella!” “No, io prego. Mia sorella essere troppo piccola!” “E allora smettila di dubitare che ciò che facciamo sia cosa buona e giusta. Ora vieni con me, fuori da questa immonda baracca, e guarda cosa la Democrazia della mia Cultura Superiore ha portato” Usciamo. Del villaggio non è rimasto nulla. Non un campo, né un recinto con le pecore. Neppure una tenda. Un deserto di terra bruciata in mezzo ad un altro deserto di sabbia. Difficile stabilire quale dei due bruci di più. “Oh, che mirabile visione!” esclamo, mentre Puppa, atterrita da quel panorama, si prostra al suolo “Questa sì che è Democrazia! Uno a zero per i Paesi Liberi!” Da quel giorno il nome dei soldati del capitano Mandruponi si sparse come una tempesta di sabbia attraverso i territori di quel popolo ingrato che presto avremmo istruito delle più alte vette del pensiero umano (o sterminato come cani, ora si guarda quale delle due…). E quando il nostro battaglione si avvicinava ad un nuovo villaggio, fra la gente iniziava a circolare un caratteristico passaparola “Ambu Limbu Parim Pam Pum” che nella lingua di questi reazionari significa “Ecco gli eroici soldati venuti da una civiltà progredita e superiore che vogliono insegnare a noi, cafoni e plebei, come ci si deve comportare” Tuttavia, voce di corridoio, c’è chi tradusse tale, ambigua espressione locale in “Si salvi chi può! Arrivano quei pezzi di merda a farci il culo!” Atto II: La ttentat….L’attentato terrorista Addentrandoci nel territorio dei cani incivili, il coraggioso capitano Mandruponi Walter fu costretto a guidarci in situazioni sempre più terribili e pericolose. Tuttavia, il nostro impegno nel recare a questi sporchi selvaggi i sacri vantaggi della democrazia non venne mai meno. Come quella volta in cui, giunti alle porte di un villaggio di appestati, il capitano fu introdotto alle usanze locali dal decano del paesello. “Noi vi portiamo la civiltà occidentale” esordì il capitano “La medicina per curare le vostre piaghe, la tecnica per rendere coltivabile il deserto, la droga con cui sballarvi, l’alcool per spiaccicarvi in autostrada a centotrenta all’ora, l’ADSL per scaricare qualche pornazzo dalla rete…” Ma il decano, vecchio imbecille, non comprese un cazzo di nulla. “Cos’è addiesseelle?” “E’ un sistema di trasferimento rapido dei dati via fibra ottica, no?” “Ah, ma noi che ce ne facciamo?” chiese il vecchio. “Come che ve ne fate? O come si fa, alle soglie del 2000, a vivere senza ADSL?” “Ehm, capitano…il 2000 l’abbiamo bell’e superato” feci notare. “E’ già passato? E nessuno mi ha avvertito?” sbraitò Mandruponi, evidentemente furibondo “E io dov’ero?” “Boh? So una sega, io” risposi “Ma lo so io, dov’ero! A combattere e rischiare la vita per civilizzare questi cavernicoli! E questi è capace che non hanno neppure FastWeb! Quello con Valentino Rossi che dice lo sai come fa la mia moto? Uuuuuueeemmmmm…..E magari non sanno neppure cos’è Internet, un virus informatico e processore Pentium!” “No, capitano. Temo che sia proprio come dice lei” confermai. “Ma allora che cazzo parlo a fare? Bombardateli come meritano!” E democratizzammo anche quel villaggio. Un’altra volta il nostro impavido leader apprese che in molte di quelle popolazioni morte di fame che andavamo aiutando con il verbo della cultura occidentale, vigeva il politeismo. Eh, sì. Non credevano in Dio, ma in un’assurda gerarchia di Dei della pioggia, della sabbia, del vento e di quelle cose lì. Che il buon tenente Stecchetti Attilio, di anni trentasette, li pigliava anche un po’ per il culo, per questo motivo. “Sicché avete un Dio specifico per far piovere” disse il temerario soldato. “Sì” confermò un uomo del posto. “E come si chiama? Pinguino Delonghi? Ah ah ah…e che fa? Si mette a ballare finché non casca l’acqua?” “Ma, o nobili viaggiatori di un paese lontano…noi rispettiamo le vostre usanze, perciò vi saremmo grati se voi non insultaste le nostre” “Ma come si fa a non insultare una religione come la vostra? Mi faccia il piacere, mio primitivo amico! L’unico vero Dio è il nostro, che se non lo adori prima ti brucia (oppure ti affoga), e poi ti sbatte nelle viscere dell’inferno e lì ti lascia marcire per l’eternità. Che se non vuoi il castigo divino devi pagare l’otto per mille alla Chiesa e lasciare l’offertina tutti gli anni al prete. Noi, per esempio, vi si porta anche quello, oltre alla democrazia. Il vero Dio! Siete disposti ad adorare il nostro Dio, abbandonando, ripudiando e disprezzando i vostri?” “Ehm….veramente preferiremmo di no” mormorò l’omino. “Capitanooooo!” gridò Stecchetti “Questi pidocchiosi non vogliono il nostro Dio!” Mandruponi, sbigottito da una tale coriacea ostinazione, scosse la testa in un cenno di amara frustrazione. “M’ero fatta la doccia or’ora e mi tocca di nuovo smerdarmi di sangue. Puttana la miseria!” disse “Tuttavia siamo qui per una missione! Portare la civiltà. Orbene, soldati, sapete qual è il nostro compito” Ne eravamo consapevoli. Mitra fuori e proiettili a go go. Non ne lasciammo in piedi neppure uno. Eravamo nel loro territorio già da una decina di giorni e l’ostilità degli indigeni era sempre rimasta invariata (gente che ci offriva del cibo scadente…ma si offre del cibo insipido a un ospite? No, e allora via, un bello sterminio democratico. Altri che non sapevano parlare la nostra lingua…che oggigiorno dove si va, senza l’inglese? E allora giù di mitra anche lì…). Tuttavia i pozzi petroliferi che sorgevano alle nostre spalle ci incoraggiavano, dimostrandoci che i nostri sforzi non erano vani e che il mondo, a conti fatti, stava migliorando. Ciò che ci fece temere di non riuscire a portare a termine la missione accadde un giorno verso mezzodì. Stavamo ricevendo viveri e generi di prima necessità dalla base (tipo bustine di cocaina, proiettili per democratizzare i selvaggi, frustini per fare qualche giochino strano con le ragazze democraticamente catturate ecc) quando ecco che l’ultima camionetta della colonna saltò in aria. Un grido lacerò l’aria “E’ la camionetta del caporale Zinzinelli!” urlò un soldato. Un onda di accorato dolore si diffuse fra la truppa. Un altro valoroso ci aveva lasciato. “Bastardi terroristi!” disse il capitano Mandruponi “Sono stati loro” “Siamo sicuri? A me non sembrava un’esplosione” dissi io. “Tenente Tommy Tonkzyk, faccia silenzio. Cosa vorrebbe insinuare?” “Mah, io nulla, figuriamoci…” Lo sgomento era palpabile. Il caporale Turizzini cercava di sviare l’immane sforzo emotivo scaccolandosi a due dita la stessa narice. Il Tenente Brambasso scurreggiava sonoramente e il maresciallo Brodoloni si grattava la minchia. Quand’ecco arrivare il rapporto della sentinella. “Capitano Mandruponi! Abbiamo la lista dei danni. Allora, la camionetta è andata a sbattere contro un palo e ha preso fuoco. Dice che ieri sera Zinzinelli ha un po’ abusato con la polverina….eh, c’era tanto portato, povero ragazzo. Hanno dato un festino sul tardi e c’era lui che urlava Guardatemi, sono Lapo Elkann!!” “Non importa. Sniffare coca è necessario per ingannare la terrificante prospettiva di essere vittime di attentati terroristici. Sicché è sempre colpa degli indigeni. Anzi, dopo pranzo andiamo a cercare un paio di villaggi di gente inerme e indifesa e li radiamo al suolo. E lei, tenente Tonkzyk, non provi neppure a obbiettare” “Non le ho detto tutto, capitano” disse la sentinella. “Sentiamo” “Il contenuto del camion. Riguarda quello” “Dici” “C’erano i cessi portatili, sul camion” Terrore. Sgomento. Paura. La truppa era annichilita. Come avremmo fatto senza i cessi da viaggio? A Bramabasso si strinse il culo e dopo un’ultima, plateale sgorata di merda sciolta, non uscì più neppure un filino d’aria. Turizzini s’infilò un dito fino al cervello e morì sul colpo. Nessuno lo cagò neppure di striscio, complice la gravità del momento. A Brodoloni, invece, gratta e rigratta si aprì la cerniera dei pantaloni e la minchia scivolò fuori dal nido. Da dura e venosa stava rapidamente ammosciandosi. Uno spettacolo veramente vergognoso. Su di noi era calata la nera ombra delle sciagura. Riusciranno i forti di Forte Democrazzzia (ogni tanto aggiungo una z) a portare a termine la missione? Riuscirà il capitano Mandruponi a sbaragliare la terribile offensiva degli indigeni locali e issare la bandiera dell’augusta civiltà dell’Occidente sull’arido suolo dei nemici? Atto III: Le ragazze del luogo servono a qualcosa Al secondo giorno che trattenevamo in corpo i nostri bisogni fisiologici la truppa si mostrava al limite del collasso. Perché come si fa a fare la cacca se manca la carta igienica? E come si fa a fare la piscia se manca un cespuglio dietro il quale nascondersi? Ecco finalmente apparire chiara la strategia del nemico! Aveva trasformato il suo territorio in un deserto arido e infuocato per non concederci riparo quando andavamo a pisciare. Volevano farci morire dalla vergogna! Così tutti avrebbero visto il soldato semplice Barbuti tirare fuori la sua ministecca da dodici centimetri e avrebbero iniziato a deriderlo chiamandolo “Finocchio! Spregevole checca! Minidotato! Impotente!” e altri simpatici appellativi del gergo militare. L’insoddisfazione si sarebbe diffusa nella truppa ad avremmo iniziato a guardarci l’un l’altro con sospetto. Bastardi terroristi! Ma alla fine la superiorità della nostra cultura prevalse ancora. Fu il sottotenente Smerdini Alfredo a suggerirmi l’idea. “Ho una tale voglia di cacare che guarda…ci riempirei una duna!” disse. “Eh, lo so. Purtroppo siamo a corto di carta igienica” risposi io. “Allora mi faccio pulire il culo dalla lingua di queste troie! Guardale qua. I loro compagni terroristi instillano la paura nei nostri fragili cuori con la minaccia degli attentati, costringendoci a drogarci per dimenticare. E poi le camionette coi cessi saltano in aria!” Si girò verso una poverina pelle e ossa rannicchiata sotto la tenda e le rifilò un ceffone da quaranta quintali che la sparò come un proiettile di mortaretto verso la tenda del maresciallo Sbruffoni. “Ma lo sai che non hai avuto affatto una cattiva idea?” dissi. “Ah, sì?” “Quante mignotte abbiamo catturato fino a oggi nei villaggi?” “Boh? E chi ha mai imparato a contare?” rispose il sottotenente. Le contai io. Erano una trentina. Ce n’era una per ogni soldato e anche per gli ufficiali, perché la nostra compagnia non era molto più numerosa. “Abbiamo trovato i nostri cessi!” esclamai vittorioso. In quel momento, la tapina che Smerdini aveva lanciato in aria riprecipitò accanto a noi, seguita dal vocione collerico del maresciallo Sbruffoni. “Ma la spazzatura me la tirate addosso a me? Che sono, modi civili, questi?!” Più tardi feci riunire la truppa nella tenda del capitano. C’era anche Puppa, accanto a me. “Allora, tenente Tomkzyk, cos’è questa storia dei cessi?” chiese Mandruponi “Hai davvero trovato una soluzione a quest’annoso problema?” “Naturalmente, mio temerario comandante. Come vedete” esordii “Ho preso questa sedia e ho praticato un foro sul sedile, proprio in corrispondenza del buco del culo” I presenti ammutolirono. Io presi Puppa e la sbattei sotto la seggiola con la bocca spalancata sotto il buco, poi mi calai le braghe e… “E mo’, da questa posizione, possiamo fare gli stronzi come ci pare e piace” dissi, lasciando cadere un boccone di nutella organica direttamente ne nella bocca della scrofetta sotto di me. E stronzo lo era davvero, quello che feci. Non solo ne aveva l’aspetto e l’odore, ma anche il carattere. Non voleva andare giù, si fermò sulla lingua di Puppa e resistette ad ogni tentativo di ingoio. “Ma non è che si strozza?” chiese lo Smerdini. “No, no…adesso va giù…” osservò Brambasso. “E ora?” chiese il capitano. “E ora inizia la fase carta igienica” dissi io. “Puppa, da brava” ordinai “Tira fuori la lingua e leccami il solco fra le natiche. Non deve rimanere una briciola di merdina. Tutto deve essere inghiottito dalla tua soave lingua di incolta selvaggia” Un applauso generale quando la schiava iniziò a eseguire il notevole compito che le era stato assegnato. La lingua della ragazza era una morbida carezza. Iniziò come una carezza sulla chiappa destra e proseguì lungo quella sinistra. Ancora un giro di circuito e poi le sue labbra si avvicinarono al solco da pulire. Lo circondarono con voluttuosa adorazione, e la lingua s’insinuò come un cobra nel buio anfratto. Era uno spettacolo. Mentre la lingua andava dentro, raschiando via il sudicio e depositandolo nella gola della schiava, il pisello si induriva come un bastone di pioppo. Sentivo le palle premere contro l’elastico delle mutande come se volessero strapparlo via di prepotenza. E intanto Puppa leccava. La prossima schiava le chiamo Lecca. Lecca e Puppa, pemsai. Sai che coppia! Una sul davanti e una sul didietro. Una fa un pompino e l’altra ripulisce il culo. Avrei dovuto provvedere al più presto. Per fortuna l‘indomani avremmo dovuto massacrare la popolazione di un altro villag….avremmo dovuto democratizzare un’altra bolgia di selvaggi dissidenti e non sarebbe mancata l’occasione di far prigioniere un’altra troia o due. Me ne sarei presa una per ogni testicolo. Quindi cinque in totale. Ah ah…sono una sagoma. “Inghiotti bene, Puppa, non voglio strisciate di merda sul culo” dissi. “Sì, mio condottiero” “Condottiero?” chiese Brambasso. “Sì, le ho detto di chiamarmi così. Fa tanto retrò” spiegai. Intanto i commenti estasiati della folla si susseguivano. “E guardate come lecca bene” “Ingolla anche i pezzetti di merda” “Che brava” “Chissà se le altre saranno altrettanto capaci” “Certo che ne saranno capaci” dissi “Magari le prime volte si strozzeranno un po’, specialmente perché ce la teniamo da un casino di tempo e i primi stronzoli che produrremo avranno le dimensioni di un manico di vanga….ma vedrete che impareranno presto” “Sì, sennò le minacciamo di abbandonarle nel deserto senza acqua e senza cibo, oppure leleghiamo ad un pozzo di petrolio e le facciamo divorare dagli avvoltori” propose Smerdini, che di quelle cose se ne intendeva. “E poi considerate i lati positivi della cosa, amici miei. Non occorrerà più dar da mangiare alle serve. Ricicleranno i nostri rifiuti solidi e liquidi come unico mezzo di sostentamento. E poi sono pratiche. Il cesso non ti segue. Queste, invece, basta chiamarle e vengono. Portano anche la seggiolina per mettersi comodamente a sedere. E se le istruisci a dovere anche un giornaletto e la settimana enigmistica, che la lettura concilia la fabbricazione degli stronzi” “Tenente, hai salvato la missione” si congratulò con me il capitano Mandruponi. “Grazie, capitano. E’ stato un piacere” “E adesso, soldati, ognuno scelga un cesso e se lo personalizzi come vuole. Può scrivere il proprio nome sulla fronte del sanitario con un ferro rovente, attaccare un collare con la taghetta…come si preferisce. Basta che non vi siano due culi per un cesso. Credo sia più igienico che ognuno impari a scagazzare nel suo” Cenni d’assenso nella truppa. I soldati si dispersero e pochi minuti più tardi le bocche delle schiave furono riempite e dovere. Puppa, dal canto suo, aveva ricevuto la sua prima porzione giornaliera e non se l’era cavata affatto male. Per festeggiare il lieto evento mi feci fare anche un pompino con tutti i crismi e me ne andai a dormire con culo bello lindo e profumato. (continua…) |
I vostri commenti su questo racconto | |||||
Autore: | Alto Volume | Invia un messaggio | |||
Postato in data: | 11/08/2007 12:44:15 | ||||
Giudizio personale: |
Spiacente, ma riconfermo che la politica col sesso c\'entra ben poco. E\' ovvio che un mio parere personale, da persona schifata della politica e dai politici italiani che sanno effettivamente coniugare sesso e politica, soprtattutto con gli elettori. Nel senso che ce lo mettono nel culo elegantemente. |
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Autore: | Maxalmax | Invia un messaggio | |||
Postato in data: | 10/08/2007 16:21:35 | ||||
Giudizio personale: | come racconto erotico, di erotico ha ben poco però...non vorrei fare il bacchettone della situazione. Discorso scontato+pompiono...Frasi fatte+selvaggia scopata...bla bla bla+fottiamo la tizia di turno...poi una volta che si legge qualcosa di completamente nuovo...pietoso..non accetto sesso e politica... Ci sono cose che vanno lette col cervello, a volte. Non solo col pisello. Senza rimorso | ||||
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Autore: | Casper173 | Invia un messaggio | |||
Postato in data: | 10/08/2007 10:20:05 | ||||
Giudizio personale: | si sta aprendo un dibattito, a quanto pare. Ti dirò, cara Valentina83, come racconto erotico non ha nulla di erotico, ma per il resto...condivido la tua opinione | ||||
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Autore: | Valentina83 | Invia un messaggio | |||
Postato in data: | 10/08/2007 10:17:46 | ||||
Giudizio personale: |
non sono d\'accordo sul separare sempre e per forza sesso e morale. Ciò che viene commesso in tanti paesi in nome della democrazia (anzi, della democrazzzia) è vergognoso. Meglio non chiudere gli occhi. Peccato aver parlato di ciò dove il massimo della filosofia sia rappresentato dal pompino. Tanto per riportare in alto un racconto che merita |
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Autore: | Poiuy32 | Invia un messaggio | |||
Postato in data: | 10/08/2007 09:58:40 | ||||
Giudizio personale: | mi ha fatto un certo effetto. In futuro, pubblicare con la dicitura \"lettura consigliata ai soli esseri pensanti\". | ||||
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Autore: | Alto Volume | Invia un messaggio | |||
Postato in data: | 10/08/2007 09:18:04 | ||||
Giudizio personale: |
Ben scritto,scorrevole e molto sarcastico. Peccato per lo sfondo politicizzato. Accetto tutto ma non mischiare sex con politica. |
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