i racconti erotici di desiderya |
Il giovedì universitario |
Ho già scritto una storia nella rubrica orgie, quindi questa ne costituisce il seguito.
Il racconto precedente è intitolato “Quattro ragazzi per un travestito”. Sono meravigliato ( ma forse è la specialità di internet) del numero di persone che in un solo giorno hanno letto il mio primo racconto, meravigliato e eccitato all’idea di quello che ho potuto suscitare…. Ecco dunque la continuazione. Vi dicevo del mio primo week-end da vera donna, due giorni e una notte di autentica passione e troiaggine da parte di mia. Quando domenica sera uscì da quell’appartamento ero come rotta, non riuscivo a camminare, mi bruciava il culo, dovevo leggermente allargare le gambe per poter dare i passi… per fortuna avevo fatto una doccia poco prima che aveva calmato in parte i mie bruciori. Anche in quel momento non avevo rinunciato al mio abbigliamento femminile, calze autoreggenti bianche, slip bianco trasparente e una sottoveste dello stesso colore che aderiva alla schiena e si inarcava sulle natiche ( un po’ come quella di colore celeste che indosso in una delle mie foto su A69). Il sabato sera quando ero uscita accompagnata da uno dei miei “violentatori” mi ero preoccupata di prendere non solo l’occorente sexy per la notte ma anche quello per il giorno successivo, quando ti sborrano adosso in quattro ci vuole un intero guardaroba! Ero quindi per strada, una troia ambulante, sembrava che tutti mi guardassero, sembrava che si vedesse solo la mia femminilità, solo il mio culo sotto quello slip trasparente. Ma un segno realmente visibile di quei giorni passati da puttana c’era e forse nel mio intimo decisi inconsciamente di non rimuoverlo (tant’è che sotto la doccia me ne dimenticai). Parlo del rimmel agli occhi… insomma camminavo per strada con un filo di mascara che solo dopo a casa mi resi conto di avere, forse per questo mi sentivo tutti gli occhi addosso. Altri giorni sarebbe stato un motivo di assoluto imbarazzo e di forte preoccupazione, ora pensavo che quel rimmel poteva essere un segnale non verbale capace di comunicare il mio fine settimana da femmina. Volevo che, chi mi guardava, sapesse dei due giorni trascorsi in quell’appartamento, volevo per questo che si sentisse legittimato a inveirmi contro chiamandomi puttana o a farmi qualche gradito apprezzamento. Una volta a casa ripensavo agli ultimi momenti passati in quella dei quattro. All’uscio della porta mi venne ad accompagnare solo il più grande , quello che per intenderci aveva organizzato tutto, quello che poi aveva convinto gli altri tre. Mi disse – hai una bocca stupenda, posso darti un bacio per salutarti?- fino a quel momento non avevo mai pensato al bacio, quello bocca a bocca. Non era nelle mie fantasie da donna, o meglio da troia, una come me bacia il cazzo , ma la bocca? Fu uno stordimento che durò poco, perché lui disse – allora Federica, posso baciarti?- Federica era il nome che loro avevano scelto per me quello stesso giorno, ed io a quelle parole portai la bocca in avanti, pronunciando le labbra e baciai Giuseppe ( questo il suo nome). Lui in maniera più audace passò la sua lingua sul mio labbro inferiore, dopodichè mi disse – adesso puoi andare, sai ancora di sesso-. Non ci dicemmo più niente, non un appuntamento, non un cenno al fatto che ci saremmo potuti rivedere, quando pensavo ciò ero già per strada a camminare con fatica. A casa poi, quella sera, mi dedicai interamente a me, feci di nuovo una doccia calda e mi misi delle creme e degli olii per calmare i bruciori e rassodare la pelle….. avevo comunque sempre la sensazione di avere un cazzo piantato nell’ano. Ora più di prima, ero legittimata a sentirmi donna, di guardare il mio culo allo specchio, di guardare gli uomini sapendo di poterli fare impazzire. Dovetti aspettare martedì, se non ricordo male, per rivedere Giuseppe alla facoltà. Mi chiamò subito in disparte e mi disse – senti, ho una idea, e tu non puoi dire di no- -dimmi- dissi io. -sai che qui ogni giovedi fanno festa gli universitari, lo sai, vero?- -certo- risposi -allora ci andiamo insieme, io, Emanuele (era l’altro suo coinquilino col cazzo grande) e (questo lo disse ridacchiando) Federica- Non capii subito cosa volesse intendere, o meglio speravo che non si trattasse di quello, cioè di uscire per strada e andare in discoteca vestita da donna. Speravo di no perché non avrei saputo come dire di no. Lui continuò come se io avessi già capito e accettato tutto. -allora, io sono della provincia di Avellino e torno a casa giovedì mattina dopo che ho fatto un esame, ritorno a Napoli in serata con la macchina e ti passo a prendere, tu intanto ti prepari come una vera donna, e ti raccomando devi superare te stessa, e insieme noi tre andiamo in discoteca- Non si fermò a questo. - gli unici tuoi due problemi secondo me, mi riferisco a se riesci a passare per donna, sono i capelli, non puoi andare in giro con una parrucca finta, e il seno che non hai poi per il resto credo non ci siano problemi- E cominciò un elenco che faceva notare un acuto spirito di osservazione, io ero nel fattempo come in un paradiso di sicurezza e eccitazione, il mio uomo si preoccupava di tutto, io dovevo solo eseguire. -depilati anche sulle braccia; smaltati le unghie con un colore non troppo appariscente, preferibilmete lucido; cerca di sfoltirti un po’ le sopracciglia, ma non troppo altrimenti poi il giorno dopo si nota; indossa una gonna più lunga del normale di colore nero, con sotto calze nere; scarpe chiuse, il tacco a spillo va bene, visto che ci sai camminare; giovedi poi ti porto un bel cappotto da donna, lo prendo da mia madre, e una sciarpa così la tieni stretta sul collo; il trucco deve ssere più naturale possibile ed elegante; sotto poi metti quello che vuoi….ah, indossa una maglietta nera a mezzemaniche con il collo alto;- -non ce la posso mai fare- dissi io – è da pazzi!- ero però eccitata come una cagna. Lui non si scompose, come se si aspettasse un mio iniziale rifiuto e mi disse due cose – non preocuparti, innanzitutto vengo con la macchina quindi sono esclusi bus e camminate a piedi, poi ricorda che una discoteca è l’ideale le figure non si distinguono chiaramente, lì potrai dimenarti come vuoi. Aggiunse, non preoccuparti penso a tutto io. Mi convinse. E lui si preoccupò veramente di tutto. La cosa più importante, anche economicamente (da quanto traspariva era un figlio di papà) che fece, fu acquistare una parrucca vera, la prese usata però su un giornale che a napoli mette in contatto persone che vogliono acquistare cose di seconda mano. Era stupenda, capelli lunghi castano scuro, un po’ mossi… Un’altra cosa che ricordo fu che eravamo sotto carnevale, approfittando della festa acquistò un seno finto di silicone, a questo punto avevo veramente tutto. C’era solo un ultimo problema, dovevo vestirmi a casa loro e così facemmo. Quella sera, verso le otto, Giuseppe era sulla autostrada che porta a napoli, io facevo la doccia in un clima di totale eccitazione, da uomo posso dirvi, che una puttana quando sa che quella sera sarà sicuramente scopata ( per forza doveva capitarmi) si fa la doccia con una sensualità straripante, il contatto col sapone provoca stordimento, l’acqua calda sembra essere del nettare di sborra che ti scende sulla schiena e scompare fra le natiche. Sentii bussare, -dimmi Emanuele- era l’unico inquilino in casa. -apri la porta, Giuseppe sta per arrivare, e ha detto che devo darti una ripassata- Ripassata? Voleva scoparmi nel bagno, il pensiero della mia pella liscia e profumata, ancora bagnata e i vapori della doccia mi fecero dire – cosa? Vuoi scoparmi?- - voglio solo un pompino veloce -. Uscii dalla doccia, presi una asciugamano e la avvolsi attorno a me coprendo pure i capezzoli, con un’altra ci fasciai la testa come se avessi dovuto raccogliere lunghi capelli bagnati, solo a quel punto aprii la porta. Quando Emanuele mi vide, disse che l’asciugamano messa sul corpo in quel modo era stupenda, lasciava intravvedere solo un po’ di culo, mentre era stretta sulla vita. -inginocchiati, e vedi di farlo bene- Era il mio primo pompino fine a se stesso, nel senso che non avrebbe avuto un seguito. Il pompino fine a se stesso era una delle mie più grandi fantasie, perché ci ritrovo molto della mia personalità da troia, è veloce, praticabile in luoghi insoliti, sei inginocchiata davanti a lui, sei impegnata solo nel dare soddisfazione, lui può fare quello che vuole mentre tu glielo fai ( se ci riesce) come ad esempio farsi la barba, leggere un giornale. Tu sei una troia piegata alla sua volontà e alla sua mazza. Con Emanuele non ero inginocchiata, il dorso delle mie cosce poggiava sul dorso dei polpacci. Mentre lo spompinavo, mi toccavo l’orefizio del culo, mi penetravo col medio della mano sinistra. L’altra mia mano seguiva i movimenti della mia bocca. Quando succhiavo, la destra era ferma sulla base del suo pene, quando lo baciavo o gli leccavo le palle allora gli sparavo contemporaneamente una sega. Lo volevo tutto, nel senso tutto in bocca, fino a quei coglioni gonfi e grossi ( mi piaciono i coglioni grossi), così acchiappavo con le mani le sue natiche e spingevo in un senso e con la testa nell’altro. Sentivo l’istinto involontario del rigurgito ma non mi ritaevo indietro, buttavo gemiti strozzati già in gola. Lui fece il resto, mi afferrò i capelli e non mi permise di muovermi da quella posizione, avevo un cazzo fino in gola. –fermati puttana, stai ferma stai ferma….- lo ripeteva sempre più anzimando. Stava sborrando, e lo stava facendo direttamente nel mio esofago. Ingoiai per la prima volta lo sperma, con loro quattro mi ero limitata a farmi sborrare in faccia. Ad Emanuele per la prima volta fecero un pompino con ingoio, aveva poco meno di 20 anni. Lui disse poi – muoviti troia, mica vuoi far aspettare l’altro tuo uomo?- Io, da brava schiava, mi andai a preparare. Appena ebbi finito( smaltai anche le unghie dei piedi nonostante non si vedessero) sentii entrare nell’appartamento Giuseppe. Dopo poco andai in cucina dove loro mi spettavano. Mi dissero che ero quasi perfetta, c’era un solo problema, si vedeva il mio cazzo da sotto la gonna attilata. -cosa porti sotto?- mi chiese Giuseppe -Un perizoma, l’ho comprato per stasera- risposi -Mi dispiace, ma devi metterti qualcosa di pìù avvolgente davanti, ce l’hai?- Pensai ad una culotte, e così feci. Il cappotto che mi portò, era bellissimo, si stringeva in vita con una cintura, insomma non nascondeva il mio culo. Indossai la sciarpa e dei guanti, le uniche cose scoperte che si vedevano di me erano le caviglie e i polpacci e naturalmente la faccia leggermente nascosta dalla sciarpa. -ecco così sei perfetta- mi dissero quasi in coro. Poi Giuseppe aggiunse – ora togliti il cappotto e la sciarpa, ancora è presto per uscire, fammi vedere come sembri e come ti muovi una volta in discoteca- Così feci, camminai su e giù per il corridoio per mostrare che coi tacchi a spillo me la cavavo, mi feci trasportare da una musica immaginaria alzando le braccia all’aria e incrociandole sopra la testa, loro mi osservavano e facevano commenti reciproci. La gonna che indossavo era aderente da togliere il fiato, ma non era corta, non si vedevano le ginocchia, arrivava appena sotto di essi. Ad un certo punto, Giuseppe si mise dietro di me e seguiva il movimento del mio bacino. Sentivo quel pacco enorme che cresceva sul mio culo, non posso dire che mi fece eccitare perché erano più di due giorni che ero all’apice della eccitazione.. -muoviti troia- mi diceva, io chinavo la testa sulla sua spalla in modo da porgergli il collo. Era avvinghiato a me, non mi faceva respirare. -Emanuele, vieni qui, mettiti davanti a questa puttana, così balliamo in tre- in un attimo mi ritrovai tra due uomini, sentivo i cazzi sia dietro sia davanti. -ringrazia che non voglio rovinarti il trucco, altrimenti ti passavo il mio bastone sulla tua faccia- disse Emanuele. -senti Emanuele- aggiunse Giuseppe- il culo questa troia non l’ha truccato, diamole un assaggio di quello che le spetta- Fui presa con violenza, mi trascinarono sul davanzale della finestra che dava sulla via principale. Mi ordinarono di mettermi a pecorina, anzi mi ci misero loro, della finestra erano chiusi solo i vetri, non le persiane. Chiunque difronte avrebbe potuto vedere la scena, ma nemeno il tempo di preoccuparmene che sentii tirarmi giù la culotte e lacerarmi il culo. Emanuele mi stava scopando tra le natiche impegnandosi pure a tenere su la gonna. Ansimavo come una femmina, dicevo porcate tanto era l‘eccitazione. Avevo i palmi delle mani poggiate sul davanzale con le unghie appena smaltate, le braccia erano rigide e mi slanciavano il corpo non in un perfetto angolo retto. Il resto dello slancio, con il culo a misura del cazzo di Emanuele, me lo davano i tacchi a spillo. Non so se avete mai avuto modo di vedere un cazzo che entra ed esce dal culo (io a volte mi sono filmato), beh, quando esce, la carne elastica dell’orefizio si vede, è lucida, vivida per lo sfrecamento del cazzo, attillata fino allo spasmo, quasi come se tentasse di non lasciare andare il pene che entra. Mi scopò in quella posizione molto a lungo, io emettevo dei gemiti di piacere. -non ho mai sentito una donna fregnare così, brutta sgualdrina, ora lasciala a me- disse Giuseppe che intanto si era fatto crescere il cazzo fra le mani. Si sedette su una sedia e mi ordinò di accomodarmi sopra al suo uccelo dandogli le spalle. Loro stavano attenti a non toccarmi il trucco, penso sia questa la ragione per cui l’altro non mi mise il cazzo in bocca. Mentre giuseppe mi scopava, dissi ad Emanuele di avvicinarsi. –voglio almeno tirarti una sega- Feci in tempo solo a dare un paio di smanacciate, perché Guseppe oltre a smettere di incularmi ordinò di smetterla perché avremo avuto modo di continuare. Quando mi ricomposi erano le 10, ed ero più eccitata di prima. Alle 10 e qualcosa per la prima volta uscii di casa completamente travestita, entrammo subito in auto direzione discoteca. Giuseppe mi disse solo una cosa prima di scendere, di essere disinvolta, e di non proferire parole, e mi assicurò che sarebbe andato tutto bene. Quando scesi dall’auto mi accorsi che c’era una folla esagerata, sollevai la sciarpa fino a coprire il naso, e presi Giuseppe sotto braccio, Emanuele ci seguiva subito dietro. Con mio grande stupore mi rendevo conto di incrociare sguardi maschili, poi dopo Emanuele mi dirà che addirittura alcuni ragazzi si giravano per guardarmi il culo. Una volta entrati stavamo come sardine in scatola, almeno nel corridoio che portave alla pista. -togliti il cappotto, e resta con il foulard- ordinò Giuseppe. Da quel momento in poi, fu l’eperienza più eccitante che ebbi mai fatto… sentivo sfiorarmi da mani sul culo, sentirmi dire - bona , dove vai- , persone che mi ballavano vicino….soprattutto quando Giuseppe mi disse di andare in pista da sola. Ringrazierò Giuseppe tutta la vita per quello che ho provato quella sera. La cosa più bella è che potevo muovermi come una donna in mezzo a tutta quella gente, per esempio quando andai con Emanuele a prendere qualcosa al banco delle consumazioni, non esitai un attimo ad accennare la pecorina poggiando i gomiti sul bancone. Era tardi quando decidemmo di andare. Fui io ad insistere, avevo voglia dei loro cazzi. Quando entrammo in macchina, Giuseppe che si accingeva alla guida, mi disse di sedermi dietro con Emanuele. Così feci, appena partiti, Giuseppe imparti un altro ordine – spompinalo fino a che non senti fermare la macchina. Finalmente era giunto il momento di comincaire a sfogare l’eccittazione che tutte le palpate della serata mi avevano dato. Mi coricai sul sedile posteriore su un fianco, poggiato sul gomito sinistro. Sbottonai i pantaloni di Emanuele e infilai la mano per far uscire quell’uccello. Fu un pompino lento e lungo, cadenzato. Rimanevo per minuti con la bocca piena di cazzo senza muovermi e senza che lui si muovesse. Mi tolsi la gonna, finalmente ero in reggicalze di pizzo nero ( un regalo di Giuseppe), continuavo a prendere in bocca il cazzo del suo amico, a baciargli il pube e le palle, anzi quella sera mi accorsi che mi piaceva prendere le palle in bocca e succhiarle, di passarci e ripassarci la lingua sopra. Qualche volta che poi mi sono filmata, mi sono accorta di eccitarmi quando vedevo la protuberanza sulla guancia, segnale inconfondibile che scopavo un cazzo con la bocca. Fu eccitante pure quando Emanuele con le mani mi afferrò la testa tenendola ferma, e facendo lui i movimenti su e giù. Fu travolgente, la mia bocca come una fica con due grosse e carnose labbra vaginali. La macchina si fermò in un posto scuro e deserto, era già tutto organizzato da Giuseppe, in pratica non saremmo andati a casa, mi avrebbero scopata in macchina in un posto dove amoreggiano le coppiette. Quella notte, la posizione che mi sconvolse di più, fu quando mi dissero di poggiare le ginocchia sui sedili anteriori, uno per ogni sedile, con la faccia però rivolta verso il lunotto posteriore. -ecco brava, ora inarca verso il basso la schiena tra i due sedili fin quando puoi- Cercate di immaginare, ero cul culo all’aria, poggiato sulle ginocchia e con la testa ad un piano molto inferiore a quello del culo, in pratica la mia bocca era a misura del cazzzo di chi si sarebbe seduto dietro, mentre il mio culo era di chi si sarebbe inginocchiato come me sui sedili anteriori. La cosa più eccitante era poi la morsa che i due sedili esercitavano sui miei fianchi. Mi sentivo costretta, imprigionata, in balia di loro due. Ma fu una mossa di Emanuele a lasciarmi senza fiato, mi passò una fune, uno spago, non ricordo bene, sui fianchi, lo fece scivolare sotto la leva del cambio e diede uno strattone potente facendo un primo nodo sulla schiena e poi un altro ancora. Quel bastardo mi aveva legata, immobbilizzata alla pecorina, riuscivo a muovere solo la testa, le braccia mi servivano per alleviare il dolore della corda. Ero insomma legata alla leva del freno a mano, nella oscurità della notte si vedeva solo il chiarore del mio culo rotondo, sodo e voglioso. Con mia grande sorpresa e approvazione, cominciarono col sedersi entrambi sul sedile posteriore. -prendili nella tua calda bocca, marchia i nostri cazzi col tuo rossetto da troia- Non potevo fare granchè, non riuscivo a muovermi, ma questo era quello che loro volevano. Nel momento in cui un cazzo mi finiva in bocca, difficilmente, senza il loro volere, riuscivo a ricacciarlo fuori. -per quanto sei puttana, dovresti stare così tutta la notte- mi dicevano Non so se ho mai sognato e voluto tanta forza, tanta violenza…….ma ormai ero appunto violentata, nel momento in cui le manifestazioni della tua volontà sono inibite, allora ti stanno facendo una violenza, ti stanno prendendo con la forza. In quel momento sentivo piacere misto a paura, a dolore, a vergogna perché provavo pure eccitazione. Poco dopo Emanuele venne dietro, e diede un colpo violento per deflorarmi l’ano. Io cadevo sotto ogni colpo, non riuscivo a proferire parola, né ansimavo in maniera chiara, i miei erano mugolii, quei pochi che riuscivano a filtrare dalla mia bocca piena di cazzo e di liquido preeiaculatorio. Emanuele sembrava posseduto, dava dei colpi talmente forti che mi sentivo svenire. -puttana, ti scopo il culo, prova a liberarti se ci riesci, guarda è tutto dentro…..- Mi stava facendo male, ed io non riuscivo a dire niente, come se non bastasse, Giuseppe mi teneva per i capelli in modo che avessi sempre il suo cazzo dentro la bocca. Ad ogni colpo nel culo emettevo un mugolio, sentivo le natiche squarciate come da una grossa spada…. Sentivo dolore si, ma tanto piacere tant’è che arrivai… Il mio cazzo sborro tanto che sembrava una fontana. - troia fottuta, mi hai sporcato la macchina, puttana, adesso meriti di essere sbattuta ancora più forte, dai Emanuele, facciamole vedere chi comanda- da quel momento cominciò la cosa più bella che fino ad allora avessi mai provato: da un lato c’era Emanuele che mi rompeva il culo, e dall’altro all’unisono e con una cadenza costante, Giuseppe mi scopava la bocca, teneva la mia faccia stretta nelle sue mani e premeva giù quando Emanuele affondava il colpo, e tirava su quando Emanuele si ritirava. Nell’arco di un minuto, venivo riempita e svuotata di cazzo per circa 30 volte. Il risultato finale lo si ha solo se si considera che i minuti furono dieci o poco più. Mi riempirono la bocca e il culo di sperma e mi lasciarono così, con i cazzi che si sgonfiavano tra le mie membra, per almeno mezz’ora. Tornammo a casa loro, feci la doccia e ci adormentammo sfiniti, erano quasi le sei. |
I vostri commenti su questo racconto | ||
Autore: | Hardemilia | Invia un messaggio |
Postato in data: | 07/01/2006 17:12:37 | |
Giudizio personale: | favoloso degno di una vera \"porca\" sappi che ho sborrato copiosamente leggendo ... vorrei essere li e infalirati la nerchia | |
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