i racconti erotici di desiderya

La consacrazione di una vergine – ii

Autore: Pollicino1965
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Le prime luci dell’alba accolsero Abir all’uscita da quel luogo. La sera precedente, bendata e in preda ad uno stato di forte agitazione, al momento del suo arrivo non si era resa conto della bellezza della natura circostante. Adesso invece, libera ormai da qualsivoglia freno inibitorio, alla giovane donna quell’ambiente sembrava tutta un’altra cosa, un paesaggio paradisiaco, tanto che avrebbe volentieri continuato a rimanere completamente nuda, proprio come Eva, la prima donna.

Stava attendendo il suo accompagnatore, Carlo, quando sentì alla spalle una voce femminile chiamarla con tono imperioso:

- “Abir!”

Si voltò di scatto, quasi intimorita da quella voce che non ammetteva esitazioni, e vide, ferma in mezzo alla radura, una donna che indossava una mascherina dorata ed un mantello rosa.

Subito la ragazza si accorse che era una delle Sacerdotesse che l’avevano introdotta nella Comunità, la quale, sorridendo, le disse:

- “Abir, ora sei una consorella, una adoratrice, la più giovane, ma sei ancora inesperta nei nostri Misteri. Perciò, questa sera, alla stessa ora di ieri, verrai di nuovo qui per il secondo atto della tua consacrazione. Ora vai a riposare, per essere pronta al momento della prova”.

L’Adoratrice rimase sorpresa: ma come, ancora una esame?

Nel frattempo un colpo di clacson la richiamò dai suoi turbamenti… era Carlo, la sua prima Guida verso il Sacro Ordine degli Adoratori della Dea Vagina.

Salì prontamente in macchina, accolta dallo sguardo sorridente dell’uomo, che le domandò:

- “Allora, Abir, com’è andata?”

Al sentirsi chiamare con quel nome da Carlo, la donna rimase sbigottita e gli disse:

- “Come fai a sapere il mio nuovo nome?”

Ma bastò uno sguardo dell’altro perché le venisse implicitamente rivelato l’arcano: era lui l’Adoratore Defloratore, colui che le aveva “rubato” l’imbarazzante verginità.

Arrossì leggermente, ma poi sentì venirle su dal profondo del cuore un irresistibile:

- “Grazie, Carlo”…

E per tutto il resto del viaggio di ritorno non disse più una sola parola.

****

Era frastornata quando la sveglia risuonò nella sua stanza… le sembrava di aver dormito per giorni e giorni tanto era sfinita, e invece erano solo poche ore che aveva chiuso gli occhi dopo quell’esaltante nottata.

Così, ci volle una mezz’oretta buona prima che il pensiero di doversi recare al lavoro, proprio come una normalissima ragazza, avesse ragione sul suo desiderio di restarsene lì pigra come una gatta al sole…

Era in ritardo, come al solito, ma in pochi minuti fu pronta a schizzare in ufficio…

Mentre stava per varcare il portone di casa, incontrò una vicina che la salutò con un sorriso vagamente ammiccante:

- “Ciao… Alice!”

E lei, rispondendole con un altro sorriso, si ritrovò a pensare, tra sé, cosa avrebbe detto quella pettegola se avesse saputo che Alice adesso non esisteva più e che al suo posto c’era la viziosa Abir…

Comunque, tra una telefonata ed una relazione da trascrivere al pc, la giornata passò che quasi non se ne accorse nemmeno.

Alle 19,30, si incamminò a piedi di nuovo verso casa, dove l’attendeva un’altra drammatica attesa e l’ormai consueta visita di Carlo che l’avrebbe preparata ad affrontare il secondo stadio della sua consacrazione.

Quando la sua Guida bussò alla porta, verso le 22,30, Abir era ancora in accappatoio, e in quello stato andò ad aprire.

- “Buona sera, Abir”, le disse Carlo con il suo rassicurante fare gentile.

- “Buona sera, Carlo”, rispose la ragazza.

Lo fece accomodare, precedendolo, nella sua camera da letto:

- “Spero non ti disturba se nel frattempo mi preparo?”

- “No, Abir, certo che no, ma prima dobbiamo parlare, affinché tu sia pronta ad affrontare la solenne serata dinanzi alla Sacro Ordine”.

Così dicendo, si sedettero entrambi sul bordo del morbido letto, e l’uomo iniziò con calma a spiegare:

- “Vedi, questo secondo passo potrà sconvolgere un poco i tuoi convincimenti, Abir; sei molto giovane, e forse non immagini quante sfaccettature possa avere il Sommo Piacere. Nella nostra società moralista, l’unica forma di amore universalmente accettata è quella tra un uomo e una donna; ma per noi non è così, per noi uomo e donna sono la stessa cosa, e la sola cosa importante è imparare a conoscere sempre meglio il corpo dell’uno come dell’altra… Ebbene, questa notte tu sarai chiamata a tutto questo, farai l’esperienza delle mani femminili sul tuo corpo… e non solo: ma questa sarà una sorpresa che non posso e non voglio rovinarti”.

****

Il silenzio calò in quella stanza, con Carlo che continuava a sorridere ammirando lo stupore di Abir, e la ragazza incredula e tesa per le parole che aveva appena ascoltato dalla sua bocca.

Fu solo un attimo, poiché si stava facendo tardi – erano ormai le 23 passate – e l’ora della cerimonia era prossima.

Così Abir si alzò dal letto e, slacciando la cintura che le cingeva i fianchi, lasciò cadere in terra l’accappatoio candido che indossava, svelando in tal modo il suo incantevole corpo completamente nudo. Ormai, non si vergognava più di mostrare le sue grazie a quell’uomo, e d’altronde lui era ben lieto di ammirare quel capolavoro della natura, privo della pur minima imperfezione: il candore della pelle, poi, la rendeva ancor più affascinante e desiderabile… Ma Carlo sapeva bene che quella notte Abir non sarebbe stata per lui…

La stette a contemplare mentre si vestiva, e la vide indossare – come prescrivevano le regole che le aveva appena enunciato - un microscopico perizoma bianco che a stento copriva le natiche e l’apertura di una splendida vagina, ed un reggiseno altrettanto microscopico. La giovane, affaccendata in tali operazioni, non disdegnava però di lanciare di tanto in tanto occhiate di fuoco verso Carlo, che non resistette oltre ed iniziò a masturbarsi.

Completò la vestizione, sopra la biancheria intima, una tunica lunga fino alle caviglie e, a differenza di quella del suo primo rituale, di color rosa.

Abir domandò a Carlo la ragione:

- “Che strano… Perché questo colore rosa?”

- “E’ il colore che richiama l’altra metà del cielo, l’universo femminile” spiegò l’uomo.

Ma Abir non capì il senso di quelle parole…

- “Sei pronta?” riprese Carlo, impaziente vista l’ora davvero tarda.

- “Sì, possiamo andare… e sia quel che sia!”.

Scesero le scale dell’appartamento, ed Alice – a dispetto della vicina impicciona - divenne di nuovo Abir. Carlo le aprì lo sportello della sua auto, e la bendò come la notte precedente:

- “Scusa, dolcezza, ma è la regola; finché non avrai superato il secondo grado della tua consacrazione, dovrai essere all’oscuro di dove si trova la “Sala delle Sessioni Maggiori”.

E così dicendo si avviarono verso il misterioso luogo…

****

Fu in questo modo che per Abir ebbe inizio la prova che le sarebbe rimasta per sempre impressa nella mente e nel cuore come la più esaltante della sua vita.

Giunti alla radura, Carlo sciolse la benda che celava la vista della giovane e le fece indossare la solita mascherina dorata propria di tutti i Confratelli.

Scesero dall’auto, e si diressero verso il portone. Lì, dopo un triplice bussare con le nocche delle dita, vennero ad aprire due donne: nude dai fianchi in su, invitarono Carlo ed Abir ad entrare e li condussero in una piccola anticamera, dove Carlo, le prese entrambe le mani e le disse:

- “Abir, il mio compito finisce qui. D’ora in avanti, io smetterò di essere la tua Guida e tornerò ad essere per te un semplice confratello”.

Sempre più dubbiosa, Abir si mise a sedere su quell’unico sgabello presente nella stanza ed attese istruzioni.

Passarono pochi istanti, e le due donne che l’avevano accolta gli annunciarono che il Sacro Ordine degli Adoratori della Dea Vagina era radunato e che quindi la cerimonia poteva avere inizio. La accompagnarono per un passaggio angusto e buio che terminava su una porta chiusa.

La fecero entrare… Abir aveva il cuore in gola, e stava per andare incontro al suo nuovo misterioso destino…

Le due donne avevano delle tette imperiali, una sesta abbondante impreziosita da capezzoli duri e molto pronunciati.

Una di loro, si accorse che la ragazza le stava osservando il seno e, con un sorriso beffardo, le disse:

- “Bella mia, ti piacciono le mie tette? Non sei la sola, e comunque tra poco avrai di che saziarti”…

La presero per le braccia… una delle due aprì un’altra porta e la consegnarono a coloro che sarebbero state le sue Ancelle di quella sera, le quali le fecero varcare un’altra porta ancora, e la introdussero in un ambiente illuminato solamente da piccole, tremolanti, fiaccole.

Abir, però, riconobbe subito la sala nella quale la sera prima era stata deflorata: strano a dirsi, ma quel ricordo ebbe come effetto di tranquillizzarla immediatamente…

Nonostante l’oscurità, sentiva la presenza di moltissime persone i cui sguardi erano tutti su di lei e su di un’altra persona che però lei non vedeva; pensava si trattasse di Carlo, dal quale era stata separata poco prima, ma presto avrebbe capito che non era così.

Improvvisamente, iniziò un rullo di tamburi, ossessionante, che avrebbe accompagnato il suo incedere insicuro verso un punto illuminato da un grande faro.

Era lo stesso percorso che già aveva conosciuto, la stessa sala, la stessa assemblea… e forse gli stessi officianti.

L’unica differenza stava nel fatto che questa sera le era stata lasciata addosso la sua tunica, e le mani delle persone non cercavano di toccare morbosamente la sua seducente flessuosità.

Ora, finalmente, poteva vedere meglio le sue Ancelle: non erano semplicemente a seno nudo come le donne che aveva sin qui incontrato; al contrario, non avevano nulla indosso: ne scarpe, né slip… ed entrambe avevano una caratteristica comune: erano leggermente in carne, ed avevano dei fianchi larghi, abbondanti, assai pronunciati.

Man mano che procedevano, la luce si faceva più intensa, e il cuore in tumulto le batteva sempre più forte; dinanzi a sé c’era l’altare di marmo, freddo e severo, che ben conosceva, e dietro di esso, disposte a semicerchio, un cospicuo numero di Adoratrici. Nessun uomo, infatti, come si sarebbe accorta ben presto, avrebbe preso parte al rito quella sera...

Giunte all’altare, le due Ancelle tolsero alla ragazza la sua tunica, lasciandola solamente con quell’intimo che aveva tanto infiammato l’eros di Carlo. Ed anche questa volta l’effetto non fu certo differente: si videro infatti molte mani andare verso i rispettivi “strumenti del piacere” per dare sfogo ad una libidine che stava contagiando tutte, tanto era bella Abir.

L’Adoratrice principale, avanzando verso il piccolo corteo che era ormai giunto in sua presenza, introdusse il rito dicendo:

- “Consorelle, siamo qui per condurre Abir al 2° grado del nostro Sacro Ordine. Dopo aver conosciuto Adamo, questa sera Abir conoscerà Eva”.

La giovane, che aveva notato che quella sera l’assemblea era composta esclusivamente da donne, sempre più sconcertata, si guardò timidamente attorno, ma non riuscì ugualmente a comprendere in cosa consistesse la prova che le era stata annunciata ed a cui stava per essere sottoposta.

E l’Adoratrice riprese:

- “Abir, offrici nuovamente la tua nudità come le consorelle che ti hanno accompagnata. Lascia che l’assemblea goda, si sazi pienamente ed intimamente della sensualità del tuo corpo”.

Docili ai comandi, le Ancelle aiutarono la fanciulla, immobile e con le braccia aperte in croce al centro della scena. Le sue solide mammelle, libere dal vincolo del reggiseno, sobbalzarono leggermente, prima verso l’alto e poi precipitando verso il basso, facendo risaltare tutta la loro spettacolare consistenza.

Così, avvenne pure per il perizoma, che le venne sceso con accurata lentezza, come fosse un immaginario sipario che stava disvelando quella incantevole rotondità che era il culetto sodo di Abir.

Tutti furono frastornati da tanta bellezza, al punto che si udì un ammirato e sommesso:

- “Oooooh”…

Benchè gli astanti potessero vederla solo di spalle, ciò era sufficiente a restarne ammirati. La sua pelle fresca e bianchissima, ogni curva e muscolatura del suo corpo, tutto era lì a proclamare ad alta voce come l’inizianda fosse appena entrata nel fiore degli anni (ne aveva appena 18).

Anche lei, come le Ancelle, aveva dei fianchi leggermente forti, ma non disturbavano affatto, anzi, erano perfettamente in armonia con tutto il resto. Quelle due chiappette, poi, erano sorrette da due gambe lunghe ed affusolate, che terminavano su sottili caviglie, foriere di ulteriori emozioni che poteva provare solo chi si fosse fatto estimatore dei suoi conturbanti piedini.

L’Adoratrice, che per ora era l’unica a poterla ammirare frontalmente, assisa sul suo seggio riprese:

- “Abir, questo altare di pietra attende il sacrificio del tuo corpo di carne. Distenditi ora, e donati interamente al Sacro Ordine. Noi saremo qui testimoni, ad accogliere i tuoi gemiti e ad esaltarti nel momento del superamento della prova. Fai molta attenzione: dovrai dare ascolto unicamente ai tuoi sensi e alle tue emozioni”.

Quando la celebrante ebbe terminato di parlare, Abir avanzò lentamente fino all’altare. Fu quindi sollevata da due Adoratrici Aiutanti fin sull’ara di marmo dove, come ordinatole, si adagiò disciplinatamente. Poi, una terza Adoratrice le posò le mani sul capo e le tolse con fare quasi sacrale la mascherina e le velò gli occhi con una benda di panno pesante che le avrebbe impedito di vedere alcunchè.

Improvvisamente, il rollio dei tamburi che aveva accompagnato il suo ingresso in sala riprese. Le due Adoratrici si erano nel frattempo portate nuovamente al fondo dell’enorme stanzone, dove avevano accolto un’altra donna. Processionalmente, le tre stavano ripercorrendo lo stesso tragitto fatto da Abir che, supina sull’ara, non poteva assistere a ciò che accadeva.

Trascorsero solo pochi minuti, che a lei comunque parvero un’eternità, e il suono dei tamburi cesso ancora una volta.

La ragazza iniziò ad ansimare dal nervosismo procuratole dall’attesa di un evento, un qualsiasi evento.

Giunte all’altare, le Adoratrici si posero alle spalle della donna che avevano condotto. Sì, perché con grande sorpresa di Abir, era un’altra donna al centro dell’attenzione in quel momento.

Lentamente, quella vista le aprì gli occhi dell’intelletto, e lei intuì cosa avrebbero significato per lei le parole che la Sacerdotessa aveva pronunciato quando le si era presentata dinanzi all’altare: “…questa sera Abir conoscerà Eva”.

Quella sera, lei, Abir si sarebbe congiunta sessualmente con una donna…

Lì per lì, ebbe come un senso di nausea, ma si fece forza e decise di proseguire nella sua iniziazione. Sapeva bene, infatti, che un suo rifiuto significava l’immediata espulsione dal Sacro Ordine… Libertina com’era stata creata, cosa ne sarebbe stato di lei in caso di fallimento?

Intanto, l’altra donna che era stata condotta era proprio dinanzi a lei; ora Abir la poteva vedere bene, ed anche l’assemblea potè vedere bene cosa stava accadendo.

L’Adoratrice principale si alzò nuovamente dal suo scranno, e stendendo la mano verso la nuova arrivata le disse:

- “Benvenuta consorella Sidonia. Sei giunta a noi in età non più fertile, ma questo non ti priverà del Sommo Piacere. Oggi sarai lo strumento per mettere alla prova Abir”.

A quelle parole, Abir si volse verso Sidonia e vide che non solo quella sera avrebbe fatto sesso con una donna, ma anche con una donna matura. Difatti, dinanzi a se, aveva un bell’esemplare di femmina adulta, sulla cinquantina.

Nonostante l’anagrafe, però, Sidonia era ancora più che appetibile, e tutte le presenti se ne accorsero non appena le Ancelle la spogliarono del mantello che la avvolgeva.

Fu allora che il suo corpo nudo fece trasalire di ammirazione e di cupidigia Abir: quella donna matura, infatti, era davvero un opera d'arte; bassina di statura – circa 1 metro e 65 – carnagione perfettamente abbronzata, ma soprattutto due tette sode, una quarta misura che, forse complice l’abbronzatura, sembravano ancora più abbondanti. E poi delle areole che parevano disegnate con il compasso, perfettamente rotonde, a fare da corona a dei capezzoli piccoli, duri come la pietra e già turgidi.

Abir ebbe modo di osservare anche il suo basso ventre, assolutamente piatto e “protetto” da un ciuffetto di pelo nero, riccio ed acconciato a forma di triangolo i cui lati erano leggermente convessi.

****

Il cuore della nostra ragazza cominciò a galoppare a mille, e si ritrovò a provare tra le cosce tremanti un leggero formicolio di godimento, all’altezza dell’inguine; e si rimproverò di aver solo per qualche istante pensato di rinunciare alla prova…

Questo stato di dissoluta estasi, portò Abir quasi a dimenticare la ragione per la quale era là, ma una voce tagliò come una lama il silenzio che si era venuto a creare:

- “Abir, stai per essere trasportata nel regno di Saffo. Sidonia ti condurrà per mano, fino all’estrema beatitudine. Le sue mani esperte e i tuoi sensi faranno il resto. Procedete, dunque!”

Udito quel comando, la matura Sidonia si avvicinò ad Abir e, chinandosi sul suo volto, le stampò un caldo e passionale bacio sulla bocca. La ragazza non si sottrasse, ma anzi stette lì immobile a nutrire il suo animo di quell’imprevisto incantesimo.

Poi Sidonia si ritrasse, lasciando Abir solo per un momento, quanto era necessario cioè per distendersi supina sul pavimento e farsi sollevare da sei Adoratrici fin sulla mensa; lì le officianti le fecero incontrare per la prima volta il corpo caldo ed eccitato della giovane, e ve la deposero sopra a formare un perfetto “69”.

Sidonia, reggendosi sulle ginocchia, aprì un poco le gambe, mostrando all’amica un magnifico ed entusiasmante panorama.

Istintivamente, Abir iniziò ad annusarla, percependo chiaro l’odore inebriante della sua fica che ormai si faceva sempre più intenso e le entrava nelle narici dilatate… la donna matura era completamente bagnata, ed i suoi umori asprigni gocciolavano copiosamente sulla lingua della giovane.

Intanto Sidonia era impegnata a lavorarsi le fresche carni della vagina di Abir… le mani sfiorarono e strofinarono freneticamente il monte di venere, mentre la lingua saettava tra le grandi labbra strette e perfettamente depilate; quasi le spalancava con violenza, aiutandosi con due dita, e le percorreva in tutta la lunghezza della fessura. Poi risaliva verso l’alto, e cercava di raggiungere il clitoride che sotto i suoi sapienti tocchi era cresciuto… incredibile quanto era diventato grosso, sembrava proprio un cazzo in miniatura…

La ragazza stava già sommessamente gemendo di piacere, ma Sidonia, non ancora paga del risultato, spostò l’attenzione sulle piccole labbra dell’inizianda: erano davvero splendide, morbide, e adagiate verso l’esterno sulle grandi labbra, a dar l’idea di una vera farfallina in volo…

Sidonia le afferrò con la bocca, ed iniziò golosamente a succhiarle, tirandole leggermente verso di sé fino a provocare un tenue sospiro della ragazza.

Così esposta, la vagina di Abir si prestava bene ad altre attenzioni, ed infatti Sidonia non si fece sfuggire l’occasione, e rapida introdusse il suo dito medio a saggiarne le pareti interne.

Come folgorata da un misterioso desiderio di privare la sua compagna di un tale godimento, Sidonia si voltò di scatto a guardare la compagna di giochi con un sorriso ironico… poi riprese la sua posizione e, facendo scorrere lo stesso dito medio verso il basso, lo poggiò sul buchetto. Istintivamente, lo sfintere vergine di Abir si contrasse a difendere ciò che custodiva, ma poi si si rilassò, aprì docilmente, lasciando entrare parte del dito nelle sue viscere.

Non fece quasi in tempo a realizzare l’accaduto che già Sidonia le aveva tolto il dito dal culo. Lo sfintere si irrigidì in un rapido spasmo, ed immediatamente il buchetto si richiuse.

Passarono pochi istanti che la donna penetrò di nuovo analmente Abir, ma questa volta con maggior forza e con due dita, dilatandole il culo con più sofferenza per la ragazza, che strillò.

Uscì ancora da lei, ed ancora il culo si contrasse e si richiuse.

Rientrò una terza volta, penetrando lentamente con tutta la mano, sino al polso, nelle carni di Abir che questa volta lanciò un urlo lacerante, riempita da quell’insolita realtà.

Ancora, Sidonia si sfilò… e questa volta, il buco rimase aperto.

Allora, rientrò con maggior cattiveria, e affondò nel culo più in profondità.

Il volti ed i corpi di entrambe erano coperti di sfavillanti goccioline di sudore…

Quando Sidonia si sfilò definitivamente da Abir, il buchetto non era più buchetto… ma oscenamente aperto tardava a riprendere le forme di sempre.

Fu allora che si udì un colpo di campana risuonare in quell’ambiente… tutti trasalirono, comprese le due donne offerte su quell’altare.

Ma solamente la donna matura sapeva il senso di quel rintocco… le era stato spiegato poco prima di entrare che quello sarebbe stato il segnale al quale avrebbe dovuto sollevarsi e cessare ogni attività sul corpo di Abir…

****

Sidonia si ritrovò di nuovo ai piedi dell’altare, sul freddo pavimento, stesa sul dorso ad attendere che le solite sei Adoratrici la posizionassero nuovamente sopra Abir, per l’ultima osservazione.

Questa volta però non fu adagiata a contatto diretto con la sua vogliosa passerina, ma ebbe tra le mani quel volto giovanile.

Iniziò quindi a baciarle il collo, mentre le mani si producevano in una carezza che partendo dal ventre, saliva su all’ombelico, e giungeva fin sui seni dell’inizianda che, per la rinnovata eccitazione, erano diventati di marmo e con i capezzoli durissimi.

La ragazza se ne stava immobile… anche se da una lato avrebbe voluto dirle di smetterla, dall’altro la sua curiosità era enorme e voleva lasciarla fare.

Non resistette oltre, tentò di divincolarsi, ma Sidonia la bloccò con il peso del suo corpo e le disse:

- “Sò che per te è la prima volta con una donna, sin qui sei stata bravissima; ora lasciati andare e immagina di stare con un maschio”.

Così Abir fece, e lasciò che la donna le accarezzasse i seni, che ogni tanto le pizzicasse i capezzoli, e le succhiasse il lobo dell’orecchio…

Andò avanti in questo modo per qualche minuto, finchè uno sconquassante brivido sulla schiena ed un urlo breve ma acuto fecero capire a tutta l’assemblea che Abir aveva avuto il suo orgasmo.

A quel punto, Sidonia si fermò come pietrificata, si rialzò, e sussurrò all’orecchio dell’inizianda:

- “Sei proprio una calda troietta, vedo che ti è piaciuto il mio servizio…”.

E lei, con il fiato corto, rispose a fatica:

- “Si, non pensavo che avresti saputo accendermi fino a questo punto”.

****

Terminato il suo compito, Sidonia incrociò per qualche istante lo sguardo con l’Adoratrice che stava guidando il rito ed assisteva alle evoluzioni delle due femmine, e quindi scese dall’altare.

Si andò a sedere poco lontano, su di uno scranno di colore rosa, come rosa era tutto quella sera…

Fu allora che l’Adoratrice principale, dal suo seggio che dominava la scena, proclamò:

- “Abir, alzati ed avvicinati!”.

La ragazza fece come le era stato ordinato, si sollevò lentamente dall’altare, scese con le gambe ancora tremanti dall’orgasmo, ed andò ad inginocchiarsi dinanzi a colei che le aveva parlato con quel tono deciso.

L’Adoratrice, tenendole una mano sulla testa, riprese:

- “Benvenuta nel’esercito di Lesbo… Sidonia, qual è il tuo giudizio?”.

La donna, il cui corpo era stato lo strumento di prova, disse:

- “Mia Signora, la prova è stata superata, senza ombra di dubbio. Abir non ha opposto resistenza, si è offerta coscientemente al Sacro Ordine degli Adoratori della Dea Vagina, ed ora spetta a te emettere il verdetto definitivo per ciò che hai visto”…

Abir venne invitata ad alzarsi… le Adoratrici le posero sulle spalle una cappa nera e dissero:

- “Sorella, ti sia dolce questo nuovo stato!”

****

Era ormai notte, ed Abir venne introdotta all’aperto, fuori dalla Sala, per lo stesso tragitto che aveva compiuto all’andata, e le fu finalmente rivelato il luogo in cui si riuniva quella immorale compagnia.



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