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Femboy

Sono una femboy e mi racconto.
Molti anni fa, in una tiepida giornata primaverile, accaddero i fatti che sto per raccontare. Premetto che amo gli animali e ne ho sempre denunciato i maltrattamenti, quindi questa esperienza vissuta in prima persona, non intende invogliare a seviziare gli animali, imponendo un comportamento vizioso, ma, invece, descrivere il mio tentativo di assecondare il desiderio sessuale dell’animale, come vado a mostrare.
Si sa che i così detti “pet” sono di ottima compagnia per le persone sole, e, alcune volte, possono diventare di compagnia eccezionalmente “intima”. Dobbiamo partire, quindi, dal padrone.
Attraverso amicizie comuni, conobbi Ken (un nome e una garanzia che fa pensare subito al cane, neanche a farlo apposta): sui cinquantacinque anni; italiano, ma di padre inglese. Frequentavo, allora, parecchi uomini maturi con cui mi intrattenevo anche rapporti intimi. Ken, lo vidi per la prima volta in casa di una di queste “frequentazioni”. Fui presentata a lui e fu un colpo di fulmine al primo sguardo. Io partii di testa perché, a parte che era un bel uomo, si mostrò subito entusiasticamente incantato dal mio visetto da fanciulla, montato sul corpo di cerbiatta. Era scapolo, di mezza età, molto piacente, brizzolato, ben “conservato”, leggermente abbronzato, niente barba né baffi, un fisico glabro, come il mio e, poi, approfondendo approfondendo, nell’occasione, scoprii che aveva un bel cazzo lungo e grosso che, all’occorrenza, dopo qualche manipolazione, assumeva una “ testata” ben gonfia e turgida; insomma, una cappella a fungo rosa. Ma qui siamo arrivati … molto più “addentro”.
Non solo era bello e galante, ma sapeva essere trasgressivo, se non “maiale”, con molto savoire-faire, conservando un’eleganza mai al di là delle righe. Quello che mi lasciava perplesso era come mai, con le tutte le sue doti, potesse restare così a lungo singolo, senza che le donne se lo accaparrassero, riconoscendo in lui l’uomo perfetto da incastrare. Il mistero della sua libertà sentimentale lo scoprii al momento in cui, da semplice conoscenza, il nostro rapporto si consolidò in amore. Fu allora che si dichiarò apertamente gay. Anche così restava incomprensibile come mai nessuno, uomo, trans o altro, se lo fosse rubato perché mi sembrava perfetto per “tutte le stagioni”.
Ken era il proprietario di un bel cane che lui adorava e che aveva ben addestrato sin da piccolo: un pastore tedesco di nome Holly; strano nome da dare ad un cane, ma del resto anche molti degli umani, oggi, hanno nomi strani. All’epoca non feci molto caso al nome, invece fui ben impressionato dal fatto che avesse un animale domestico perché significava che era una persona sensibile. Piacevo al suo padrone quanto ad Holly. Stranamente, perché i cani, affezionandosi al padrone, diventano esclusivi nella fedeltà al padrone e non condividono quel sentimento con gli altri. Difficilmente sono disposti ad accettare altri nei propri affetti, che sia uomo o animale.
Ken mi riempiva di attenzioni, di complimenti, di baci e di carezze ad ogni incontro ed anche Holly, a suo modo, mi faceva capire che mi apprezzava molto. Non smetteva di leccarmi le mani, le orecchie e la faccia, anche se a quel punto mi tiravo indietro, ed ad odorarmi davanti, ma, in particolare, di dietro; finché non cominciò ad aggrapparsi alle mie gambe, mimando verosimilmente la monta. Era nel periodo del calore, mi disse Ken.
Non trovai nulla di strano, anzi apprezzai i suoi gusti, ma, contemporaneamente, mi accorsi di provare dei brividi in tutto il corpo quando Holly si aggrappava alla mia gamba e mimava l’atto sessuale; cercava di scoparmi ripetutamente. Ken si divertiva a vedere l’espressione perplessa del mio visetto rabbuiato; se la rideva di gusto e mi punzecchiava spesso con battutine ironiche, constatando che persino i cani volevano montarmi. Irritata una volta controbattei che doveva stare attento, perché avrei potuto preferire Holly a lui. Rise, ma in seguito si astenne dal prendermi in giro. Un pomeriggio Ken venne a trovarmi a casa e mi chiese il favore di lasciare da me il cane per qualche giorno perché doveva sbrigare degli affari fuori città, sostenendo che non poteva portarlo con sé per i suoi giri di lavoro. Da solo nell’appartamento era escluso che lo lasciasse e, non conoscendo altri di cui potesse fidarsi, si rivolse a me, che lo conoscevo bene e a cui il cane era affezionato, perché lo accudissi fino al suo ritorno.
Sapendo che amavo gli animali come lui, non si sarebbe fatto problemi ad affidarmelo. Fui ben contenta di assecondarlo e, quindi, mi dette accurate istruzioni, indicandomi quando e come dovevo portarlo fuori per i servizietti o cosa, quando e quanto dargli da mangiare agli orari prestabiliti e che mi avrebbe fornito gli alimenti per il suo bimbo. Mi disse soltanto di badare a che il cane non entrasse in contatto con altri simili, di qualsiasi sesso, onde evitare fastidiosi inconvenienti con i loro padroni, in quanto Holly era in calore. Ma Holly, tutto sommato, lo conoscevo come un cane tranquillo e cordiale: abbaiava di rado e non senza motivo ed era un coccolone.
Passai quindi l’intera prima giornata insieme al buon cagnone, che non mi mollava un secondo: se mi alzavo mi seguiva, anche quando andavo al bagno per i miei bisogni; se mi truccavo, assisteva con interesse ai miei movimenti; se andavo a bere dell’acqua al rubinetto della fontana, mi seguiva con la lingua penzoloni e voleva bere anche lui nella sua ciotola. Era di una simpatia unica; lo accarezzavo spesso e lui, quasi per ringraziarmi, cercava di montarmi la gamba. Ogni volta notavo, però, che in me si manifestava la stessa inquietudine che ho descritto prima; provavo brividi di piacere che mi facevano fremere fino nelle visceri.
Iniziava ad essere una fissa per me. La mattina successiva mi alzai dal letto combattuta dall’uzzolo di tentare la nuova avventura. La strana idea mi martellava in testa, ma avevo delle titubanze nel realizzarla. Dovevo farmi montare o no? Non avevo avuto ancora in vita mia dei rapporti intimi con animali. Non ci avevo mai pensato e lo ritenevo inopportuno, anzi, contro natura, però quell’idea malsana mi tormentava parecchio e dovetti lottare contro la mia troiaggine per non cedere al desiderio di istigare alla monta quel bravo cagnone. Più tempo passavo col Holly e più mi angustiava quell’insana fissazione. Alla fine cedetti di schianto. All’ennesima monta della gamba da parte di Holly, azzardai. “L’hai voluto tu! Mi hai provocato e ora dimostra quello che sai fare!” – gli dissi a muso duro. Lui mi guardò con aria interrogativa e guaì, sfiatando. Anche lui non ne poteva più.
Mi denudai rapidamente per non pensarci più, accarezzandolo sulla testa, mentre lui uggiolava, lasciandosi accarezzare il muso e dietro le orecchie. In fretta, lo condussi in camera da letto; mi sedetti sul lettone matrimoniale dal lato in cui dormivo e lo invitai a salire, battendo ripetutamente la mano sul lenzuolo per richiamare la sua attenzione. “Qui, Holly!” – gli ripetevo. Una volta che fu salito su letto, mi sdraiai, girandomi di schiena e offrendogli il lato B che Holly si affrettò ad odorare, infilandomi il naso umido fra le natiche e soffiando ripetutamente. Ciò provocò la reazione del mio “uccello” che si rizzò in una erezione mai prima tanto esibita. Raccolsi i capelli lunghissimi da un lato e affondai il viso sul guanciale, pronta a subirne le conseguenze, desiderate. Ciack, ciack, colpii con la mano le mie chiappe che mostravo a Holly, lo esortai a infilarci qualcos’altro che non fosse il suo muso: “Monta, su, da bravo!”. Allargai le gambe per permettergli di accostarsi il più possibile al mio “portaombrelli”, invitandolo alla monta. Non sapevo come l’avrebbe presa, se lo avesse fatto, ma solo la sua vicinanza mi aveva procurato una erezione ancora più dura della precedente che, sotto il peso del mio corpo, sentii violenta contro il lenzuolo.
Come un cane da tartufi mi annusava dappertutto, da tutti i lati e il contatto con il suo naso bagnato sulla pelle mi provocava più che mai brividi di desiderio. Vista la sua irresoluta dabbenaggine, alla fine mi decisi a guidarlo. Dato che non sapeva come fare, lo tirai bruscamente e comandai di montarmi con fare perentorio, chiamandolo per nome. Battevo la mano sul mio culetto che non vedeva l’ora di . Alzai il bacino e mi avvicinai al suo muso con il sedere, facendogli sentire l’odore della mia sessualità, allargando le gambe per agevolare la monta. Il mio cazzo, intanto, mi stava scoppiando; era gonfio e filava, ma non venni perché indaffarata a convincere quella bestia di un animale.
Holly, dietro le mie insistenze, ma ancor più per istinto, finalmente capì come doveva salirmi in groppa. Cercai di agevolarlo ancora una volta con una mano, tirandolo contro di me, ma non riusciva a montarmi. Il suo cazzone umido scivolava sul mio pur consistente culo. Mi armai di tutta la pazienza che mi rimaneva e mi sdraiai di nuovo con il viso affondato sul cuscino, lasciai che il cane si avvicinasse a gambe divaricate e mi posasse il pene sul culo e, pronta, l’afferrai con una mano, curando di non infastidirlo. Come s’inserisce il filo di cotone nella cruna dell’ago, cercai di guidarglielo con la mano, introducendolo io stessa dentro di me.
Temevo di irritarlo e che potesse, di conseguenza, mordermi. Ma non lo fece, quasi avesse capito che tentavo di aiutarlo, e uggiolava in continuazione. Dopo ripetuti, penosi tentativi, visto che non si approdava a nulla, ebbi paura che l’animale si stancasse e rinunciasse. Tenevo saldamente nella mano il suo sesso che sentivo anche bello lungo e duro, d’altronde era un colosso di cane e non un barboncino.
Snervata, stavo pensando di rinunciare, alzarmi e rivestirmi, quando Holly si decise a prendere l’iniziativa. Mi salì, deciso, sulla schiena aprendo le cosce e mi coprì d’un fiato. Gioia immensa. Mi acquattai, guidando il pene dell’animale con la mano in modo che non avesse retromarce e, lentamente, evitando gesti bruschi, gli offrii le chiappe, rialzandole fra le sue cosce. Feci così scivolare il lungo attrezzo poco alla volta dentro il mio fodero. Sentire il verro dell’animale introdursi nel mio intestino fu un momento davvero estasiante.
Non era molto grosso e quindi non mi forzava l’ano, ma scivolava all’interno, strofinandosi contro le pareti dell’intestino. Lo sentivo avanzare e strisciare come un verme, procurandomi una sensazione accentuata di vellicazione in tutto il corpo che mi arrivava sino in gola. Insomma me la godevo. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare ad un gemito di piacere, mentre il cane uggiolava e spingeva ripetutamente, completando l’ingresso per tutta la lunghezza del suo bel cazzo nel mio prensile corpo. Percepii che l’attrezzo di Holly aumentava notevolmente di dimensioni, occludendomi l’intestino. Preso dall’ebbrezza del momento presi ad agitare il bacino in piccoli movimenti in avanti e indietro, aumentandone la frequenza man mano che cresceva la mia libidine, favorendo così l’accoppiamento. Senza freni, mi lasciai andare al piacere che mi avvolse in un delirio dei sensi. Non saprei ancora oggi descrivere la scala completa di emozioni che assaporai in quegli istanti meravigliosi.
Mai provato prima una sensazione simile, eppure di cazzi di uomini ne avevo già collezionati molti dentro di me. Era la prima volta che assaggiavo quello di un cane! Era tutto un’altra cosa, a dir poco esaltante. Capivo per la prima volta e “profondamente” perché molte donne gradiscono i rapporti con gli animali. Sarà contro natura, ma dà un piacere diverso e unico nel suo genere. Mi scostai dal viso i lunghissimi capelli che il cane ogni tanto mi tirava, spostandosi da una parte all’altra, tartassandomi la schiena con le zampe. Cercavo di non farmeli strappare, allontanandoli da lui. Ansimavo, incitando il cane a soddisfarsi, ma, più che altro, a soddisfarmi. Le mie parole, sussurrate tra sospiri e gemiti di piacere, sembrava fossero eccitanti per il cane che dimostrava di capire e, poveretto, cercava di mettercela tutta nella ricerca della piena soddisfazione.
A un certo punto squillò il cellulare. Esitai a rispondere, avevo il fiato corto per il coito animale che stavo subendo e vibravo ancora tutta dal desiderio di conservare a lungo quella posizione che tanto mi faceva godere. Fare una conversazione al telefono in quelle condizioni era proibitivo, ma fu proprio il gusto del proibito a spingermi a rispondere, nonostante tutto.
Era Ken che voleva notizie del suo cagnone. Mi chiese, premuroso, se mi avesse procurato problemi. Quella fu l’occasione buona per confermargli con entusiasmo che si trattava di un cane eccezionale e che me ne stavo prendendo cura “completamente”. Ken si accorse di una intonazione eccessivamente entusiasta e, forse, che avevo il fiato corto e la voce tremolante. Perplesso, chiese se mi sentissi bene. Inventai lì per lì la scusa che avevo fatto le scale di corsa perché stavo scendendo un attimo in portineria quando avevo sentito il suono del telefonino; ero corsa in casa e di conseguenza il mio fiatone. Sembrò abboccare, perché si scusò per il disturbo, mi ringraziò nuovamente e chiuse la conversazione con mia somma gratitudine.
Pochi minuti di conversazione non mi avevano affatto distratto dalla mia occupazione e continuai più vigorosamente a godere della monta del cane, accentuando il movimento della schiena. Sentii Holly guaire, uggiolare e mugolare quasi contemporaneamente, mentre si dannava, rovistando e trapanandomi il buco, con il pene ancorato saldamente alle pareti del mio intestino dall’ingrossamento in erezione che lo teneva incatenato a me senza possibilità di uscire dal mio sedere, con reciproco godimento.
Le unghione della grossa bestia ogni tanto mi graffiavano la schiena dove cercava di aggrapparsi per meglio operare, ma resistetti senza respingerlo, anzi, ogni graffio era per me una frustata di piacere. Mi colpiva al cuore, dove mi pareva arrivasse ogni scalfittura delle sue zampate, facendomi piegare la schiena verso di lui. Era come una frustata violentemente assestata, mentre il mio sesso vomitava tra le mie gambe sulle lenzuola fiotti del mio seme.
Ero decisa a subire la monta fino alla fine; la fine mia intendevo, ormai che c’ero. Scostai nuovamente i lunghi capelli da un lato con il viso affondato nel cuscino, sospirando e gemendo di piacere, dolore ed estasi, quando squillò nuovamente il cellulare. Cazzo! Mi domandai se proprio quel giorno il mondo intero avesse deciso di rompermi i coglioni, proprio mentre stavo subendo l’inculata più fantastica della mia vita, più interminabilmente lunga e più devastante che il mio amico Holly mi aveva riservato e che mi stava scodellando calda, calda.
Mi dovevano cercare tutti in quel momento? Chi poteva essere? Pensai a mia madre e manco a farlo apposta era proprio mia madre; di male in peggio, pensai. Come avevo fatto con il primo disturbatore, anche con mia madre tentai di essere laconica, simulando una certa fermezza, sia per non allarmarla che per stringare la conversazione al minimo possibile. Per quanto abile a dissimulare, evidentemente mi tradii; d’altra parte parlare al telefono mentre un grosso cane ti sta inculando non è mica semplice!
Mia madre conosceva molto bene le mie consuetudini puttanesche e mi sgamò al volo. Mi gridò nel cellulare: “Con quale ti stai rotolando nella melma?”. Cercai di dissuaderla alla meno peggio. Imbarazzata e irritata, affermai che non ero in una porcilaia; con me non c’era nessun “uomo” (e mi sentii sollevata perché dicevo il vero). Se solo avesse percepito che mi stavo facendo montare da un cane, non so quanto altro me ne avrebbe tirato in faccia, povera donna. Meglio sorvolare e tentare di negare l’evidente piacere che il bravo Holly continuava ad elargirmi con tanta ostinata generosità.
Non so come, ma riuscii a convincerla che ero sola o almeno fece finta di crederci. So solo che chiudemmo la telefonata abbastanza in fretta, in quanto temevo che il cane, infastidito dalle voci, potesse abbaiare o interrompere la monta. Non l’avrei sopportata quella interruzione. Una delusione non era nei programmi. Per quanto tempo mi montò non lo so esattamente. La durata della monta fra gli animali è molto più lunga ed estenuante della umana.
Quando fanno sesso gli animali possono continuare per ore intere nelle condizioni ideali. Holly continuò, continuò e continuò a montarmi per un tempo infinito ed io cominciavo a cedere al dolore non tanto dell’ano, ma più che altro dalla permanenza sotto il suo peso, anchilosata nella stessa posizione. Cominciavo a non sopportarne il peso considerevole, data la sua stazza. Cercai di sottrarmi a quel carico eccessivo e tentai di allontanarlo senza usare maniere forti per paura di irritarlo e farlo diventare aggressivo. Ovviamente il cane non se la dette ad intendere. Ormai stava godendo troppo.
Provai ripetutamente a rialzarmi, cambiare posizione, ma con esiti fallimentari. Il cane mi schiacciava giù con tutta la sua forza e non aveva voglia di staccare l’attrezzo che continuava a pompare dentro il serbatoio. Ormai il povero mio intestino tracimava. Forse Holly aveva intenzione di punirmi, come per dirmi: “Hai voluto che ti montassi? Adesso stai li finché non ho finito!” Le gambe e le braccia non le sentivo più, addormentate dalla posizione supina, mentre il busto e la schiena dolevano per lo sforzo di sopportare quel peso massimo; solo il mio culetto sembrava ancora voglioso di cazzo e se la godeva, bellamente aprendosi, il traditore, ad Holly.
Il tempo sembrava non passare più. Solo nel tardo pomeriggio, mentre esausto mi facevo sbattere, inerte, come carne da macello, tra le zampe del cane, finalmente, Holly si decise di smettere di versare nella mia brocca sbrecciata. Gli spruzzi, che fiottavano nella mia pancia e che mi auguro fossero tutti di sperma, smisero. Così, piena come un otre, con l’ano allargato e arrossato come quello di un babbuino, ero ormai ridotta ad uno straccio. Ingravidata dal cagnolone, gemendo e godendo, subendo e soffrendo tutti gli istanti della monta, giacevo inerte. Lui sì, una volta svuotato, soddisfatto, si sdraiò sulla mia schiena leccandomi contento, impedendomi di respirare. Si era calmato, tornando il giocattolone di sempre. Dopo un po’ si staccò da me. Respirai, finalmente; aveva ritirato il suo tirabusciò dal collo della mia bottiglia. Scese a terra con un salto, scrollando e sgrullando il pelo, sbadigliando soddisfatto. Potevo cercare di sollevarmi dal letto con le poche forze rimaste, mentre fitte di dolore e di indolenzimenti allucinanti tempestavano la mia schiena.
Fu necessario attendere un po’ di tempo distesa, ansimando, prima che potessi mettermi a sedere, allungando le gambe fuori del letto. Gli arti anchilosati dalla troppa immobilità non risposero subito. Dovetti aspettare che la circolazione tornasse regolare, massaggiandomi alternativamente braccia e gambe, prima di potermi rimettere in piedi, mentre Holly, felice e incosciente, scodinzolava avanti e indietro dal corridoio alla camera da letto.
Appena fu possibile, mi diressi in bagno per ripulirmi, barcollando e sostenendomi alle sedie, alle pareti e a tutto ciò di stabile che trovai lungo il percorso. Respirai profondamente e mi accostai allo specchio, dopo aver chiuso la porta. Non volevo che Holly entrasse. Ne avevo fin troppo di lui dentro di me. Mi affacciai dinanzi alla specchiera; il viso era tirato, esausto, pallido e i capelli, lisci lunghissimi erano disordinati, arruffati, sembrava che mi fosse passato sopra un treno. Mi girai di tre quarti per guardarmi la schiena che mi bruciava. Vistosi graffi rossi mi solcavano il dorso dal collo alla vita; dolevano, ma, per fortuna, non sanguinavano.
Mi ero tolta uno sfizio, ma, a quel punto, non sapevo se il prezzo ne era valsa la candela e, infatti, ne stavo pagando lo scotto. Comunque, i giorni successivi permisi al cane altre libertà e abusi della mia sessualità. Prima che Ken tornasse a riprendersi il cane, mi concessi ancora a Holly che completò tre o quattro monte su di me ogni volta che lo chiamavo in camera da letto. Ormai era esperto e subito si metteva nella posizione migliore per infilarmelo dentro con maestria. Non si perdeva più in preamboli e uggiolava, mentre il suo pene gonfio per l’inturgidimento mi fotteva il culo per un’ora intera.
Occorreva ogni volta una pazienza infinita perché potessi staccarmi da lui. Ma io comprendevo e assecondavo la sua esigenza e mi imponevo di sopportare abbastanza bene quel comportamento pur di provare e riprovare l’ebbrezza di quei coiti ripetuti che mi provocavano eiaculazioni continue. Nel giro di un’ora riuscivo a svuotarmi completamente le palle, anche se dovevo sbrodolare a vuoto col mio bastone gonfio anche senza bisogno dell’aiuto della mia mano. Tuttavia, per i giorni seguenti avevo preso delle precauzioni e mi coprivo la schiena con una coperta che tenevo legata sulle spalle e in vita, mentre mi montava. Inoltre, per alleggerire il peso non mi distendevo più completamente, come avevo fatto il primo giorno, perdendo il controllo di me e del cane, ma mi appoggiavo ad un sedia posta di traverso sul letto, in modo da sostenermi ed alleggerire il peso quando l’animale mi copriva completamente.
Riuscii a limitare di subire ogni volta la tortura della prima monta per effetto delle sue unghie e dei dolori di schiena e degli arti a seguito del suo peso. Potetti così godermi, con più serenità e completezza, più volte quel suo bel cazzo lungo e sottile, senza problemi.
Al suo padrone non dissi mai nulla. Conoscendolo, so che non mi avrebbe cazziata, anzi, si sarebbe pure eccitato all’idea di sapermi montata dal suo cane. Ho preferito che scoprisse da solo la novità, perché, come si era abituato Holly, gli avrà sicuramente avanzato la stessa “richiesta” sessuale, dato che tanto lo amava. Sono sicuro che il bravo Holly ha saputo soddisfare anche il suo padrone così come ha saputo incontrare i miei “gusti”. Au revoir…
(Rivisitazione: per gentile concessione rielaborato e arricchito da un racconto di una cara

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