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La mia prima volta con una misstress

La mia prima volta con una Misstress.

Venerdì, era ormai giunto il momento tanto atteso.
Dopo una lunga serie di mail e colloqui telefonici stavo finalmente per coronare uno dei miei sogni; conoscere una Misstress.
Lei era di Verona, buffo pensare che anche la mia prima morosa era veronese, era una coincidenza non voluta ma chissà che non fosse di buon auspicio.
Mentre chiudevo il garage e avviavo la macchina mi veniva da pensare “dai, ormai è fatta, lascia stare i dubbi e andiamo, sarà quel che sarà!”.
Si, dubbi, perché pure avendo tanto desiderato quel momento mi chiedevo ora se non fossi impazzito, perché mai andare a cercare cose così stravaganti quando poi in fin dei conti non era necessario, avevo una ragazza, Laura, che mi piaceva e che non era certo una santerellina, e di natura non mi ero mai sentito, ne mi sentivo in quel momento, uno slave.
Pure continuavo a guidare, ero ormai davanti al casello dell’ autostrada e dopo una breve sosta per telefonare e confermare che stavo partendo, imbucavo l’autostrada, direzione Milano.
L’appuntamento con Lei, Miss Lucia, era alle 18, ma io ero partito abbondantemente in anticipo, pensavo che fosse meglio arrivare in anticipo e aspettare il giusto orario piuttosto che rischiare di essere in ritardo e fare una brutta figura.
Inconsapevolmente avevo fatto una buona scelta, perché quando ormai ero a pochi chilometri dall’uscita di Verona potevo constatare quanto fosse vero il famoso detto “la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”.
Davanti a me una coda pazzesca, prima un rallentamento, poi il blocco totale.
Panico.
Calma, sono poco più che le 17, c’è ancora un’ora per fare pochi chilometri , non durerà mica così tanto!
Pensavo.
E invece erano già le 18.15 e avevo fatto neanche la metà dei chilometri che mi separavano dalla fatal Verona, a questo punto non potevo che telefonargli e spiegarLe che avrei tardato, ormai la frittata era fatta, mannaggia!
Non fu contenta, anzi era alquanto seccata dato che aveva staccato prima col lavoro per potere essere lì in anticipo e disporre di me per più tempo.
Ma fu solo un attimo, credo che capì che la cosa dispiacesse molto più a me che a Lei, e il suo tono divenne meno duro, mi incitò a fare il prima possibile, avrebbe aspettato.
Tolsi la comunicazione al cellulare un po’ più sollevato, e tramite isoradio venni a conoscenza del motivo del rallentamento, un camion che trasportava blocchi di marmo si era intraversato sull’ autostrada e stavano rimuovendo i detriti, la circolazione sarebbe ripresa da lì a poco.
Pensa a te…
Il poco fu alquanto relativo, erano quasi le 19 quando suonavo al suo citofono.
Quarto piano, scala destra, prendi l’ascensore e sbrigati, dai!

I miei battiti accelerarono mentre, anziché prendere l’ascensore, prendevo le scale per cercare di vincere non dico la paura, ma il timore di quel momento.
Era lì, sull’uscio della porta semi-aperta, che mi aspettava.
Come da copione.
Luce soffusa, una stanza non molto grande con al centro un letto, pareti e soffitti attrezzati per free-clumbing, con vari moschettoni e ganci distribuiti su pareti e soffitto, tra le finte pietre.
Geniale, non so se davvero lo scopo fosse allenarsi ma sicuramente offriva infiniti modi per potere immobilizzare qualcuno.
Lei era inguainata in un due pezzi di pelle nera, scarpe con tacchi altissimi e a punta, un corsetto da cui traboccavano dei seni meravigliosi, era la materializzazione dei miei sogni…
Mi fa cenno di entrare e chiude la porta, ha un gran bel sedere, giunonico ma sodo, sottolineato dal triangolo di pelle nera e da calze scure, i miei occhi corrono fino ai suoi tacchi, alti e a spillo.
Occhi scuri, capelli castani che gli arrivano sul collo, non è bellissima ma sicuramente interessante, e a vederla non ha l’aria tanto cattiva.
Dai, spogliati, posa i tuoi abiti su quella sedia.

Obbedisco e comincio a svestirmi, ma prima di terminare le chiedo se posso andare un’attimo in bagno, per rinfrescarmi dopo quel viaggio allucinante e per altro che non menziono.
Uscendo Lei è lì, seduta sul bordo del letto, le gambe leggermente divaricate.
In ginocchio e baciami i piedi.

E allunga una gamba…
Non ci penso due volte, strano, una cosa che normalmente non avrei mai fatto mi veniva spontanea come fosse una cosa assolutamente normale.
Inizio dalla punta e, in parte guidato dai movimenti che Lei effettua, arrivo fino ai talloni, passando per il tacco a cui sembra voglia che dedichi maggiore attenzione.
Alzo gli occhi.
Non parla, ma dagli occhi sembra soddisfatta dal procedere dell’operazione.
E passa all’altro stivaletto.
Non sono neanche a metà, rispetto al precedente, che mi interrompe.
Puoi sfilarlo adesso, leccami i piedi.

Mi sento un po’ Fantozzi, nella penombra non riesco a trovare la cerniera per aprirlo.
A lato!

Dice Lei un po’ seccata.
Detto fatto, comincio a scioglierle i polpastrelli mentre con la ingua mi infilo tra le dita, velate dalle calze.
Strana sensazione leccare un piede dentro una calza, ruvidamente eccitante.
Approfitto delle mie conoscenze di shiatzu e riflessologia plantare, con qualche variante sicuramente non ortodossa, per cercare di darle piacere.
Lei gradisce e si fa liberare subito dall’altro stivaletto, questa volta meno riottoso dell’altro, e mi porge contemporaneamente ambo i piedi.
Un po’ di mani, un po’ di lingua, un po’ baciando arrivo a superare le caviglie quando ancora una volta mi interrompe.
Mi piace, tirami via le calze e continua.

Un disastro… Lei attorno alle caviglie ha dei braccioletti lavorati, quando arrivo ad arricciare la calza all’altezza di uno dei due, manco a farlo apposta, si infila in una protuberanza del braccioletto e accade l’inevitabile.
Un buco nella calza.
Stranamente non se la prende, e mi ritrovo così, dopo avere riservato mille precauzioni all’altra calza, ad avere tra le mani le sue caviglie, belle e sottili come piacciono a me.
Ce la metto tutta, e risalendo piano piano arrivo fino all’inguine, meridiano del rene per chi si intende di shiatsu.
E adesso leccamela.

E’ completamente depilata, uno spettacolo!
Obbedisco più che volentieri, cercando di usare anche le mani nel migliore dei modi sui punti più stimolanti che conosco.
Lei sembra apprezzare e manifesta un comportamente forse non consono ad una Miss, si lascia scappare qualche ah di piacere.
Poi si volta e, in piedi, mi dice:
Continua.

Non mi aiuta certo, ha le gambe quasi unite e faccio fatica ad arrivare a leccare la patatina, forse non è quello che vuole.
Proprio così, seguendo il solco indugio sul suo ano, e con le mani lavoro sulla sua zona lombare, sui glutei, sulle cosce.
E’ un preludio, perché si mette in ginocchio sul letto, allarga le gambe e sempre di schiena, mi fa cenno di continuare.
Rischio un torcicollo, alla fine sono costretto a stare sbilenco, faccia in su, per potere continuare a leccarla, facendo una serie di coast-to-coast.
Forse se ne accorge, forse vuole solo cambiare posizione, ma si volta , si mette supina sul letto e mi invita a salire sul letto e riprendere da dove ero arrivato.
Arrivato ai suoi capezzoli, quasi subito mi ferma, si alza e prende un flacone di crema, poi si gira mettendosi prona.
Spalmami la crema e massaggiami.

Dopo qualche minuto di quei massaggi Lei era tutta lucida e io ero li, sopra di Lei, col birillo in tiro come mai avrei creduto possibile.
Lei, girandosi, mi guarda e mi dice:
Stenditi e mettiti a pancia in su.

Caspita, ho pensato tra me e me, promette bene!
Però non era in fondo il tipo di incontro che mi aspettavo, aveva più l’aria di una scopata con qualche variazione sul tema.
Mi sbagliavo.
In un attimo mi ritrovai Lei a cavalcioni sulla mia faccia.
Lecca!

E sentii la sua mano spalmarmi sul birillo,sui gioielli di famiglia e nei pressi qualcosa di freddo e gelatinoso.
Poi una frustata sulle palle!
Sussulto, mi scappa un “Ah”, non me lo aspettavo proprio.
Un dolore, un piacere.
E poi un altro, un altro ancora.
Vedo che ti piace, sei davvero un maiale!

Poi un’attimo di pausa e qualcosa di freddo e a punta scivola sui miei testicoli e mi sfiora l’ano.
Comincia piano piano, ruotandolo, a spingerlo dentro.
E che cavolo, mi stà infilando qualcosa nel sedere!
Mi dà un po’ di fastidio, per un’attimo fa anche male, ma non sembra accorgersene e pian pianino me lo fa scivolare dentro,lo muove lentamente su e giù e poi lo infila a fondo e stavolta se ne accorge perché non ho potuto fare a meno di irrigidirmi in quell’attimo.
Poi riprende con la frusta.
E continua, alternando frustate e carezze.
Mi riesce difficile continuare a leccarla, mi interrompo ogni volta che mi arriva una frustata.
Ogni tanto l’oggetto che mi aveva infilato schizza fuori, e ogni volta ritorna al suo posto.
Non avrei mai creduto che dolore e piacere potessero essere così confinanti, mi sento morire.
Quando ormai credevo di non farcela più, Lei si alza.
Adesso vieni sui miei piedi e poi lecchi tutto!

Ero lì, davanti a Lei, col birillo scivolosissimo tra le mie mani a menarmelo.
Ma non venivo, continuavo ad averlo duro come non mai senza arrivare alla conclusione, non so se sia un difetto o un pregio, ma spesso faccio una gran fatica a eiaculare.
Dopo qualche minuto le ho spiegato la cosa e Lei, senza darsene pena, mi ha detto:
Va bene, per oggi basta così, poi si è fatto anche tardi e mi aspettano a cena, rivestiti.

Ci siamo rivestiti e l’ho accompagnata in strada, salutati.
Adesso sono sulla strada di casa, ho tra le mutande più lubrificante della catena della mia moto, le palle mi fanno un male cane, il sedere pure ma ho come una sensazione di vuoto, ho scoperto qualcosa di nuovo, di diverso e che già rimpiango sia finito.
Forse non è questo ciò che ci si può attendere da una Mistress, forse si, forse ognuna lo interpreta a modo suo ed esistono infinite sfaccettature, varianti, comunque sia questa mi è piaciuta.
Con questa Mistress o con altre ma di sicuro non sarà la prima e ultima volta che proverò una simile esperienza.




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